“Piccoli impedimenti alla felicità”
di Carla Vasio
Racconti che sono come bagliori nitidi e allucinatori
di Chiara Gulino / 2 novembre 2015
Diceva S. Agostino, nel commento al Vangelo di Giovanni, che «La vita, per l’uomo, è un’esperienza più difficile della morte».
Vivere è più arduo che morire. La morte si consuma in un istante, mentre l’esistenza è una dura prova che si trascina per anni ed è piena di infinite sorprese, cadute e «piccoli impedimenti», ossia di imprevedibilità, di scarti che sparigliano le carte di un accorto calcolo, zone oscure ancora imperscrutabili che generano sgomento e smarrimento.
Se il vostro cuore è intorpidito e assuefatto al grigio e naturale ritmo quotidiano, provate a sintonizzarvi e a intercettare le aritmie palpitanti da un piccolo ma sussultorio libro, Piccoli impedimenti alla felicità (Nottetempo, 2015) della saggista, storica dell’arte, poetessa e scrittrice Carla Vasio (Venezia 1932), unica donna ammessa al Gruppo 63.
I ventiquattro racconti che compongono la raccolta attraggono chi legge nella loro rete di emozioni, nei dilemmi psicologici e morali espressi ora in forma per lo più dialogica, ora in a solo digressivi.
Carla Vasio ha la capacità di trasformare i suoi lettori in tanti piccoli detective dilettanti, investigatori a ben vedere esistenziali, che si appiattiscono lungo i muri e dietro le porte a origliare, si arrampicano su alberi per spiare ciò che avviene dentro una finestra, pedinano la loro preda che si sta recando in tutta fretta a un importante appuntamento a cui rischia di arrivare in ritardo.
Per questo dissemina la scena di indizi: un cesto di lumache; una mosca che preannuncia l’arrivo dell’estate; un treno che, come la vita, sembra trascinare via con sé, disperdendole e soffocandole nella corsa, ogni cosa, luci, case, fiumi e campagne, risucchiate nel gorgo oscuro della notte; una scarpa da tennis in mezzo a una piazza; «schegge di cristallo […] che ammucchiate diventino di un tenue colore verde che ricorda l’acqua profonda»; una corolla di rosa recisa dal suo gambo come il ricordo di qualcosa che si è commesso in un tempo lontano dalla memoria (rimozione o dimenticanza calcolata?) perché «A volte credere di aver dimenticato ha la sua utilità»; un fiume che «scorre, sappiamo che non ritornerà alla sorgente, non riporterà né un minuto né un anno, niente di ciò che è perduto, non c’è possibilità di ritorno»; il canto degli uccelli in una notte suicida; una pianta appassita in un vaso, libri sparsi dalle copertine polverose e deformate, tende consumate, stracci vecchi e una scatola di lettere in un appartamento in rovina; e poi una tempesta improvvisa o il vento che trascina le foglie.
Qui l’enigma è nella vita, non nell’intreccio praticamente inesistente. Questi racconti sono popolati da presenze sfuggenti, già assegnate a un destino bloccato, anime in dissolvenza, disgregate e incoerenti, presenze evanescenti che sembrano inseguire una suggestione e che si rinnegano svelandosi al tempo stesso. Non hanno identità, al massimo possono avere una funzione (la cuoca, la sguattera, l’autista, il nuotatore).
Tutto intorno sembra avere una sottile immaterialità. C’è un’energia mistica e allucinatoria, paradossale ed espressionistica, amara e senza luce in queste storie.
Da queste prose, che hanno la brevità degli haiku e la liricità dei poème en prose, si trae una sensazione di ispirata immediatezza e si viene irrimediabilmente catapultati in medias res in tremende complicazioni. Si affollano intense suggestioni di cui si vorrebbe rubare l’essenza e rimanere rinchiusi in quelle atmosfere senza interferire.
Seduta qui, tengo in grembo questo piccolo gioiello e realizzo che quello che conta sono le vibrazioni, anche lievi, che avverto.
(Carla Vasio, Piccoli impedimenti alla felicità, Nottetempo, 2015, pp. 95, euro 11)
LA CRITICA
Piccoli impedimenti alla felicità di Carla Vasio è una serie di vere e proprie sapienti illuminazioni, spiazzanti come possono esserlo solo gli ostacoli che la vita ci presenta e profondamente riflessivi come le Operette morali di Leopardi.
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