“Mr. Holmes – Il mistero del caso irrisolto” di Bill Condon
Indagine nella memoria di Sherlock Holmes
di Francesco Vannutelli / 13 novembre 2015
Uno Sherlock Holmes come non si è mai visto, quello di Mr. Holmes – Il mistero del caso irrisolto di Bill Condon, e non solo per i novanta e passa anni di età che l’investigatore si porta sulle spalle, ma anche per il lato umano e fragile, per lo sguardo fisso rivolto alla dimensione personale come neanche ai tempi di La vita privata di Sherlock Holmes di Billy Wilder (era il 1970), e per il gusto nel gioco metacinematografico e metaletterario che accompagna in questa ultima indagine il personaggio inventato da Arthur Conan Doyle.
È il 1947, Holmes si è ritirato dall’attività da tempo. Ormai ha novantatré anni, vive in una casetta in campagna vicina alle bianche scogliere di Dover dove alleva api. Il suo nome è diventato leggenda grazie ai romanzi sui suoi casi che ha pubblicato il vecchio amico Watson. Le sue indagini sono diventate dei film mediocri, la sua immagine è stata consegnata alla storia con la pipa e il berretto deerstalker. Ovviamente Holmes non si riconosce nel personaggio letterario ed è importante per lui fare chiarezza su quella che Watson ha presentato al pubblico come sua ultima indagine prima del ritiro a vita privata. È un caso che riguarda un marito e una moglie, ma Holmes non riesce a ricordare come si sia risolto, sicuramente non come viene raccontato nel libro di Watson. È costretto, quindi, a intraprendere un’indagine nella propria memoria con l’aiuto di Roger, il figlio della governante.
Bill Condon nel 1998 aveva raggiunto un certo status a Hollywood grazie a Demoni e dei, film biografico sulla vita del regista James Whale che gli valse un Oscar per la sceneggiatura non originale. Negli anni, ha continuato a fare biopic (Kinsey, Dreamgirls, poi Il quinto potere su Julian Assange), a scrivere per altri (ricevette un’altra nomination per Chicago di Rob Marshall) e ha ceduto alla suggestione di dirigere i due film di Breaking Dawn, capitoli conclusivi della saga di Twilight. In sintesi si può dire che la carriera non è stata all’altezza delle premesse gettate da Demoni e dei, in cui più che in ogni suo altro film era riuscito a coniugare la fragilità della vita privata che si incontra con l’aspetto pubblico. A dargli una mano, all’epoca, ci aveva pensato un grande Ian McKellen che aveva ottenuto la sua nomination e l’attenzione del grande cinema statunitense (nei due anni successivi sarebbe diventato Magneto e Gandalf).
Per Mr. Holmes la coppia Condon-McKellen si è riformata e questa non può che essere una buona notizia. A ispirare il tutto c’è il romanzo del 2005 A Slight Trick of the Mind di Mitch Cullin (in Italia è stato ripubblicato di recente da Neri Pozza con lo stesso titolo del film). A essere interessante, per gli appassionati del personaggio di Arthur Conan Doyle, non è solo la possibilità di seguire il detective da anziano, quanto lo scoprire gli aspetti più fragili della sua personalità, quel rimpianto per un’umanità diversa da quella algida e distaccata tipica di Sherlock. Sorpassati i novant’anni, Holmes fa i conti con la sua vita precedente e capisce che la compagnia del suo intelletto, che gli era sempre sembrata l’unica cosa di cui avesse bisogno, non è mai stata sufficiente per la serenità, soprattutto nel momento in cui la memoria lo inganna e lo costringe alla ricerca di soluzioni miracolose fino in Giappone (c’è tutta una parte in viaggio abbastanza inutile).
Cullin prima e Condon poi hanno avuto l’idea di smantellare l’apparato mitico che ha sempre circondato Sherlock Holmes restituendone l’aspetto più umano. Negli anni di Holmes pieni di glamour come quello tv di Benedict Cumberbatch, o quello di Guy Ritchie, qui si torna alla rappresentazione tipica del berretto a doppia visiera, della pipa e così via, per giocarci in piena libertà. Una delle intuizioni più fortunate di Mr. Holmes è quella di porre il detective in un mondo in cui il personaggio Sherlock Holmes esiste, è rappresentato al cinema e nei romanzi, è conosciuto e riconosciuto. Anziché creare un nuovo mondo per questo Holmes anziano, Condon inserisce il suo Sherlock nel mondo già esistente, anzi gli fa leggere i romanzi delle sue storie, lo porta al cinema a vedere se stesso in un momento di totale corto-circuito metacinematografico: il film è Sherlock Holmes and the Lady in Grey, che richiama già dal titolo un corto danese del 1909 – tra i primi dedicati a Holmes – e soprattutto Sherlock Holmes e il mistero della donna in verde interpretato da Basil Rathbone nel 1945. E infatti Rathbone compare sulla locandina fuori dal cinema. Non solo: a interpretare Holmes nel film nel film è Nicholas Rowe, che era già stato il giovane Sherlock in Piramide di paura di Barry Levinson. Insomma, un Holmes che interpreta un Holmes mentre un altro Holmes li guarda al cinema.
Al di là della novità introdotta nel personaggio di Conan Doyle, in Mr. Holmes è soprattutto la grande prova di Ian McKellen a farsi notare. Invecchiato di quasi vent’anni, il settantaseienne attore inglese riesce a rendere due Sherlock diversi: il primo quello reso fragile dalla vecchiaia, il secondo, nei flashback sul caso irrisolto, ancora nel pieno del suo vigore fisico e intellettivo. In pratica due personaggi per un solo attore.
Il problema, semmai, è che oltre alla curiosità su Holmes e all’interpretazione di McKellen c’è poco. Quella che dovrebbe essere la trama di contorno, cioè il rapporto tra Holmes e il piccolo Roger, non offre spunti davvero originali infilandosi nei canoni più consolidati dei rapporti anziano-giovane, maestro-insegnante. È sicuramente l’espediente necessario per il processo di umanizzazione del razionale Holmes, però non riesce a offrire nulla di davvero stimolante.
(Mr. Holmes – Il mistero del caso irrisolto, di Bill Condon, 2015, giallo, 104’)
LA CRITICA
Un Mr. Holmes inedito, anziano e fragile, pieno di rimpianti per una vita troppo isolata. Bill Condon guarda nella vita privata del detective di Arthur Conan Doyle per mostrarne gli aspetti meno immaginati, oltre che conosciuti. Un grande Ian McKellen lo aiuta a umanizzare il detective più famoso della storia della letteratura.
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