“In fondo al bosco”
di Stefano Lodovichi

Sky irrompe al cinema con un thriller venato di horror

di / 17 novembre 2015

Poteva avere tutte le caratteristiche del film storico, In fondo al bosco. Storico da intendersi come film che fa la storia, non che la racconta. Il motivo è semplice. Questa opera seconda del trentaduenne Stafano Lodovichi segna l’ingresso nella produzione cinematografica di Sky Cinema, il colosso televisivo che dopo aver riformato le serie tv italiane con Romanzo criminaleGomorra (e in minor parte con 1992) ha deciso di tentare la via diretta del cinema dopo una serie di collaborazioni esterne. Per farlo, ha scelto di puntare, in sodalizio con la Notorious Pictures, sul cinema di genere producendo un thriller che si macchia di horror esoterico sperduta nel freddo imperioso delle montagne della Val di Fassa.

L’inizio è nel 2010. È il 5 dicembre, nella valle si celebra la festa dei Krampus, un rito antico che rievoca la vittoria di San Nicolò sul diavolo. Per Croce di Fassa sfilano gli abitanti vestiti da diavoli. Si dice che tra di loro, ogni anno, si nasconda il vero demonio che viene sulla terra per portare via i bambini. In quella notte del 5 dicembre il piccolo Tommaso sparisce nel nulla. C’è chi crede al mito, chi più semplicemente accusa il padre, Manuel, con più di un problema con l’alcol, di averlo ucciso e aver nascosto il cadavere. Cinque anni dopo, a Napoli, viene trovato un bambino senza nome. Sembra assomigliare a Tommi e il test del dna lo conferma. Quando torna a Croce di Fassa, però, la madre non lo riconosce e nessuno nel paese crede che davvero quel bambino sia il piccolo Tommaso tornato dal nulla.

Il potenziale per un momento storico per il cinema italiano c’era. Perché Sky era già riuscita a creare un linguaggio nuovo per la televisione negli anni recenti ed era lecito aspettarsi un risultato almeno simile per il cinema. La premessa di puntare su un giovane regista e su un genere come il thriller, che in passato ha avuto grandi momenti nel nostro cinema, sembrava di buon auspicio. La verità, però, è che In fondo al bosco finisce presto per smarrire una qualsiasi strada da seguire e per confondersi, fino a un finale che somma suggestioni una sull’altra senza preoccuparsi di mantenere una coerenza narrativa.

L’intenzione apparente di Lodovichi, anche sceneggiatore con Isabella Aguilar e Davide Orsini, è quella di concentrarsi sul tono thriller/horror lasciando perdere le suggestioni che una trama come lo smarrimento di un figlio potrebbe scatenare. Questo sembrerebbe spiegare perché tutto quello che riguarda i cinque anni di ricerca di Tommaso venga riassunto nei titoli di testa, con un montaggio veloce affidato ai servizi di Sky Tg 24 che liquida la vicenda giudiziaria di Manuel e la depressione in cui precipita la madre. Suggestioni che invece sarebbe stato più interessante approfondire, anche perché In fondo al bosco non nasconde i riferimenti costanti alla cronaca nera italiana degli ultimi anni, dal delitto di Cogne al rapimento del piccolo Tommaso Onofri (stesso nome del bambino del film) passando per le bestie di Satana.

La scelta di concentrarsi solo sul mistero della riapparizione del bambino, poi, si basa tutta su una costruzione della tensione piuttosto artificiale che non riesce mai a coinvolgere lo spettatore, a creare curiosità o sospetti, a far correre un brivido. Tutto quanto sembra anzi piuttosto stereotipato, dai personaggi già visti infinite volte, ai momenti chiave di passaggio, alla scrittura che finisce per essere enfatica e gonfia.

A mantenere un livello minimo di suspense è la splendida ambientazione dolomitica, che fa pensare a La ragazza del lago di Andre Molaioli, ma anche alla serie francese Les Revenants (anche lì si parla di gente che torna dalla morte apparente del resto). L’intreccio di colpi di scena finali, poi, spiega un po’ di cose e giustifica il comportamento di molti personaggi, un po’ risolleva le sorti del film, ma non è certo lo sfogo finale di una tensione portata avanti con approssimazione e pensando di ottenere ben altri risultati.

(In fondo al bosco, di Stefano Lodovichi, 2015, thriller, 90’)

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LA CRITICA

Al suo esordio al cinema, Sky Italia prova a lasciare il segno affidando un thriller/horror contaminato di cronaca al giovane Stefano Lodovichi. Le premesse sembrerebbero essere buone, la cornice dolomitica suggestiva e adatta, ma In fondo al bosco mostra troppo in fretta la sua mancanza di identità forte e il suo tentativo di essere qualcosa che non riesce a essere.

VOTO

4,5/10

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