“Carne viva”
di Merritt Tierce
SUR inaugura la collana BIG SUR con un romanzo forte e sorprendente
di Gianluca Di Cara / 30 novembre 2015
Con Carne viva di Merritt Tierce, edizioni SUR inaugura la sua nuova collana BIG SUR con un romanzo forte e sorprendente, che lascia nei lettori sensazioni miste, conflittuali, quasi difficili da interpretare: sgomento, disgusto, rassegnazione e, sorprendentemente, desiderio di andare avanti nella lettura, di scoprire di più, di non cercare un’assoluzione per la protagonista, ma di spingerla più in basso nella sua miseria, ormai completamente avvinti dalla lettura, ormai completamente conquistati.
Il romanzo ci narra di Marie, rimasta incinta troppo giovane e in un momento certamente poco opportuno. La gravidanza la allontana dagli studi, la spinge a una vita che desidererebbe più focalizzata sulla figlia, ma l’impotenza e l’insofferenza con cui si trova a combattere porteranno la sua vita su ben altre strade. Il lavoro che riesce a procurarsi, quello di cameriera in un ristorante, si rivelerà sufficientemente faticoso e impegnativo per tenerla occupata tutto il giorno, con i suoi straordinari e i suoi turni extra, e le darà la possibilità di ottenere mance corpose da utilizzare per garantire alla figlia ciò di cui può aver bisogno. Ma non è tutto: il ristorante è anche il luogo in cui Marie scopre un nuovo modo di dimenticare la delusione e il dolore della propria esistenza attraverso lo sfinimento fisico e il sesso con i colleghi, fatto di rapporti prevalentemente squallidi con cui si cuce addosso il vestito di una ragazza facile, di cui approfittare senza troppi complimenti e in cui nessuno vede una donna che soffre e che cerca la salvezza dalle proprie pene attraverso l’annullamento di se stessa, incapace di amare sua figlia e di vivere una vita diversa da quella che sta conducendo.
Marie riesce a trovare doti in chiunque la circondi, doti che riescono a farla sentire appagata durante il suo cammino lungo la strada dell’annichilimento, il vero obiettivo del suo concedersi a qualsiasi amante, dolce o violento, appassionato o annoiato. Non è il piacere che cerca, non è l’amore; quello per sua figlia, che non sa gestire, che non sa apprezzare, che sente di non essere in grado di valorizzare a sufficienza o nel modo giusto, infatti, le basta e avanza: «Puoi comunque scoparti un sacco di gente. […] Fallo per te stessa, fallo per il piacere. O quantomeno fallo con le dovute precauzioni. Ma non era questione di piacere: era che alcuni tipi di dolore sono il perfetto antidoto per altri».
Il carattere avvincente di una lettura come Carne viva sta nel suo crudo realismo. Citando la stessa Merritt Tierce intervistata da Dwyer Murphy (traduzione di Martina Testa), «Come lettori, vogliamo sapere quanto può rovinarsi la vita un personaggio, in quanti casini può andarsi a cacciare, ma anche cosa verrà fuori da tutta questa autodistruzione. È lo stesso istinto che ci porta a rallentare per guardare i resti dell’incidente stradale sulla carreggiata opposta dell’autostrada. È una rottura di palle quando siamo in mezzo alla coda, ma una volta che arriviamo all’inizio non riusciamo a trattenerci». Ed è esattamente così. Leggendo, il grottesco delle avventure di Marie genera in noi una sorta di assuefazione e più leggiamo, più siamo scossi, più vogliamo continuare a leggere.
Il colpo da maestro di Merritt Tierce sta nel non concedere a Marie quella salvezza in cui, forse, un lettore spera: in questo romanzo, Tierce è solamente una narratrice e non fa che dipingere la realtà per quella che è, lasciando ai lettori tutto lo spazio di cui hanno bisogno per identificarsi in qualche aspetto di Marie o in qualcuna delle sue azioni e facendo di tutto perché, leggendo, questi si soffermino a riflettere sul fatto che la realtà, a volte, è davvero così: in essa troviamo il desiderio di annullarci, di coprire il dolore con tutt’altro, con giornate occupate, con lo sminuimento di sé, con altro dolore. Tierce crea aspettativa, ma si limita a narrare, non osa assolvere. Ci lascia nell’attesa di una redenzione che, in realtà, non arriverà mai. Il suo fine non è la creazione di una favoletta rosa, né la ricerca di qualche sordida sfumatura di grigio: il sesso è descritto in quanto tale, il desiderio anche. Eventuali perversioni, descrizioni minuziose o volgarità non sono mirate ad altro che a dipingere una scena realistica, non sono lì per prepararci a un happy ending che l’autrice non ha l’autorità di regalare al proprio personaggio.
(Merritt Tierce, Carne viva, trad. di Martina Testa, SUR, 2015, pp. 220, euro 16,50)
LA CRITICA
Duro, forte, un pugno nello stomaco tirato con precisione chirurgica da un’autrice dalla penna affilata. Diretto al punto, saprà sorprendere i più scettici per il modo in cui riuscirà a farli identificare con Marie, la ragazza che combatte il dolore procurandosene di maggiore.
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