“Brooklyn”
di John Crowley

Attraversare l’Oceano per trovare se stessi

di / 15 marzo 2016

Brooklyn recensione poster Flanerí

La casa è dove il cuore decide di stare, questo è il tema centrale di Brooklyn, l’ultimo film di John Crowley (il suo Boy A del 2007 è da recuperare) passato prima al Sundance, poi in una serie di altri festival, incluso Torino, per arrivare alla fine a tre candidature importanti agli ultimi premi Oscar: miglior film, miglior sceneggiatura non originale e migliore attrice non protagonista per Saoirse Ronan.

Eilis Lacey (Ronan, appunto) è una giovanissima migrante di inizio anni Cinquanta costretta ad abbandonare il suo villaggio in Irlanda verso gli Stati Uniti, New York, Brooklyn, per trovare un lavoro. Dalla sua parte dell’Oceano lascia una madre anziana e una sorella che ha fatto qualsiasi cosa per farla salire sulla nave in rotta verso una nuova vita. In Nord America trova un prete buono ad accoglierla, una casa condivisa con altre ragazze migranti e un lavoro da commessa. Non è felice, si sente sola, le manca la famiglia, gli amici, la casa e non si trova in quel mondo più grande. Un giorno conosce Tony, un giovane e pacato idraulico italiano che le fa una corte paziente e tenace fino a vincerle il cuore. È a quel punto, quando sembra finalmente essere felice, che Eilis è costretta a tornare in Irlanda per un lutto improvviso e un nuovo incontro, in quella che continua a sentire come casa sua, sembra poter cambiare ogni cosa.

C’è un romanzo sentimentale del 2009 firmato dallo scrittore irlandese Colm Tóibín (in Italia è pubblicato da Bompiani) all’origine di Brooklyn. A lavorare alla sceneggiatura è stato chiamato un altro scrittore, Nick Hornby, che come sceneggiatore per il cinema si sta specializzando in storie al femminile. Dopo An Education del 2009, è arrivato lo scorso anno Wild. Insieme agli altri due copioni di Hornby, Brooklyn conferma la centralità tematica dei momenti di passaggio e di crescita delle protagoniste, che si debbano confrontare con un amore difficile, con una perdita o con un cambio radicale di vita.

Insieme al regista John Crowley, Hornby ha deciso di puntare tutto sulla ricostruzione dell’ambiente d’epoca, sulla raffinatezza della vita degli anni Cinquanta, sull’eleganza semplice delle persone per bene, per creare la cornice del cambiamento di Eilis.

È soprattutto l’aspetto visivo, l’immagine carica di colore della New York sconosciuta e il colore plumbeo e accogliente dell’Irlanda, il punto di forza di Brooklyn, grazie alla fotografia di Yves Bélanger e al lavoro sui costumi e le scenografie.

Per il resto, Crowley e Hornby hanno deciso di trascurare quasi del tutto l’aspetto sociale della vita migrante di Eilis per concentrarsi esclusivamente sulle dinamiche sentimentali, private e di coppia, della distanza. Non è difficile vivere in un paese sconosciuto perché è difficile integrarsi, è difficile solo perché si è lontani da casa.

Tutto sommato, Brooklyn è un dramma sentimentale piuttosto lineare, molto elegante e delicato nella confezione, nella scrittura, recitato bene (oltre alla protagonista una menzione va a Emory Cohen e Domhnall Gleeson), ma sempre e comunque un dramma sentimentale sulla distanza e sulla crescita. Si può dire senza rischio di esagerare che le nomination agli Oscar erano un po’ fuori luogo, in particolare quella per il miglior film, visto che un altro titolo della stagione come Carol offriva una ricostruzione molto più complessa e interessante della vita degli anni Cinquanta e spunti più interessanti anche sul tema del cambiamento.

Il discorso è molto diverso per quello che riguarda Saoirse Ronan. Dovrebbe essere il fim che collegherà in maniera definitiva il nome al volto. A ventidue anni da compiere, per l’attrice di origine irlandese è arrivata la seconda candidatura all’Oscar (la prima da protagonista) dopo quella ottenuta nel 2007, a soli tredici anni, per Espiazione. Tra le altre cose, si conferma una statistica interessante: tutte e tre le protagoniste dei film scritti da Nick Hornby hanno ricevuto una nomination come migliore attrice (Carey Mulligan per An Education, Reese Witherspoon per Wild). Nessuna è riuscita a vincere. Se non fosse già stato l’anno delle sconosciute – ai più – Brie Larson e Alicia Vikander, forse Saoirse Ronan avrebbe potuto invertire la tendenza.

 

(Brooklyn, di John Crowley, 2016, drammatico, 118’)

 

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LA CRITICA

Scritto da Nick Hornby, Brooklyn è una storia di crescita attraverso la distanza. C’è un po’ troppo dramma, tante lacrime, ma la confezione è elegante e la recitazione di primo livello.

VOTO

6,5/10

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