“Il cacciatore e la regina di ghiaccio” di Cedric Nicolas Troyan
Ennesimo tentativo di creare un universo cinematografico
di Francesco Vannutelli / 5 aprile 2016
Diciamoci la verità: questa storia dei prequel, sequel, spin-off, rivisitazioni, rifacimenti, reboot e via di seguito è decisamente sfuggita di mano a Hollywood. Il tentativo di cavalcare effetti nostalgia più o meno potenti per trascinare al cinema spettatori riproponendo vecchie saghe ha portato negli ultimi anni a una vera invasione di titoli e film già visti. A rendere ancora più assurda la situazione, il successo di un film non è ritenuto più un fattore determinante per la longevità del franchise, come si dice adesso, anzi, sembra essere quasi secondario. È il caso recente di Il cacciatore e la regina di ghiaccio, prequel/sequel/spin-off/side-film tutto insieme di Biancaneve e il cacciatore del 2012.
Quell’anno arrivarono in sala due film ispirati alla favola di Biancaneve. Da un lato c’era l’impostazione classica di Tarsem Singh che ha ripreso molti elementi del modello dei fratelli Grimm e di fatto ha anticipato di un paio d’anni la tendenza Disney a rifare in live action i suoi film e i relativi universi (c’era già stato Alice in Wonderland, sarebbe arrivato due anni dopo Maleficent e poi Cenerentola, il prossimo Il libro della giungla, La bella e la bestia e infiniti altri), dall’altro il tentativo di Rupert Sanders di costruire un mondo tutto nuovo intorno alla favola con Biancaneve e il cacciatore, spostando tutta la storia in un mondo fantasy più adulto e spaventoso trasformando Biancaneve in una guerriera stile Giovanna d’Arco in lotta contro la regina Ravenna e mettendola al centro di un triangolo con il principe azzurro e il cacciatore.
Il film di Sanders non venne accolto benissimo al suo arrivo nelle sale. In termini di incassi fu un relativo insuccesso, la critica trovò vari difetti e molti motivi per stroncarlo. Eppure, a quattro anni di distanza, qualcuno deve aver pensato che valesse la pena insistere sul modello fantasy per Biancaneve. Persa Kirsten Stewart che si è rifiutata di tornare a far parte del progetto dopo lo scandalo che l’aveva coinvolta fuori dal set con il regista Rupert Sanders, perso per lo stesso motivo il regista, il personaggio centrale è diventato il cacciatore Eric interpretato da Chris Hemsworth.
Il film parte da prima dei fatti di Biancaneve e il cacciatore. La regina cattiva Ravenna ha una sorella, Freya, che dopo una terribile delusione d’amore diventa una spietata strega capace di controllare il ghiaccio. Ravenna le affida il regno del nord e lì Freya cresce il suo regno e il suo dolore allevando schiere di cacciatori guerrieri senza nessun legame affettivo. Tra questi ci sono Eric e quella che poi diventerà sua moglie, Sara. Quando i due progettano di fuggire insieme, Freya li sorprende e fa credere a Eric che la moglie sia morta. Molti anni dopo, quando Biancaneve è ormai regina, il cacciatore riceve l’incarico di recuperare lo specchio magico, andato perduto mentre veniva nascosto in un luogo sicuro. E succederanno tante cose.
Le premesse per questo Il cacciatore e la regina di ghiaccio non erano buone. Se Biancaneve e il cacciatore, tanto tanto, poteva avere un elemento di interesse nel ribaltamento dell’impostazione classica della favola, che vuole la bella salvata dall’eroe, con Biancaneve che prendeva in mano la spada e il suo destino e si dava da fare per sbarazzarsi della matrigna cattiva, la perdita di Kristen Stewart ha obbligato il regista Cedric Nicolas Troyan (aveva fatto gli effetti speciali del film del 2012, e pare che si occuperà del reboot di Highlander, e già c’è da tremare) a eliminare l’unico spunto interessante del progetto rimettendo al centro Chris Hemsworth e ripartendo da lui.
Nonostante un gran cast femminile, che schiera insieme a Charlize Theron le brave Emily Blunt e Jessica Chastain, Il cacciatore e la regina di ghiaccio non è in grado di offrire nulla di nuovo, limitandosi a mettere insieme suggestioni da Frozen e da ogni altro film fantasy usciti negli ultimi anni. A rendere tutto un po’ più tollerabile ci pensano i nani – è pur sempre Biancaneve – interpretati da Nick Frost, Robert Brydon, Sheridan Smith e Alexandra Roach, che dovrebbero fare da spalla comica e invece meriterebbero di essere protagonisti.
Per il resto, l’interrogativo che rimane è se avesse senso portare avanti un franchise basato su Biancaneve senza Biancaneve. C’è pure l’espediente ridicolo di mostrarla di spalle in una scena, senza farla comparire. A questo punto è lecito domandarsi se non avrebbe avuto più senso lasciar perdere la «A Snow White’s Tale» per provare a fare qualcosa di originale, di nuovo. Tra l’altro, è di pochi giorni fa la notizia che la Disney sta lavorando a un altro film parallelo alla storia di Biancaneve, con protagonista la sorella perduta Rosa Rossa.
La necessità continua di produrre universi cinematografici per inseguire il modello Marvel a tutti i costi finisce per paralizzare ogni possibile novità preferendo il rifugio di un marchio già conosciuto. Non è incapacità di avere nuove idee: è paura. I fallimenti recenti di progetti originali come Lone Ranger o John Carter, costati centinaia di milioni di dollari e incapaci di generare guadagni, hanno paralizzato gli studios nella logica del rifacimento e del franchise. Eppure, il buon successo di The Hunger Games o della saga Divergent lasciano intendere che il pubblico non si oppone alla novità a priori.
L’illusione – o la convinzione, chiamatela come volete – di Hollywood è che gli spettatori abbiano bisogno di identificarsi con qualcosa che già conoscono o su cui si sia già creato un immaginario condiviso. La qualità, nel giudizio generale, è un fattore secondario. È una conseguenza del dilagare delle serie tv, capaci di creare un legame duraturo con il pubblico stagione dopo stagione. I colossali successi dello scorso anno di Jurassic World, del secondo film degli Avengers, del settimo di Fast & Furious, fino ad arrivare al rilancio finale di Star Wars, hanno confermato la tendenza, ma hanno ribadito ancora una volta che non sono modelli replicabili in assoluto. Ci sono stati i fallimenti di Terminator Genisys e di Point Break, per dirne due, che dimostrano come senza un’idea solida dietro non si va da nessuna parte.
Il cacciatore e la regina di ghiaccio, per tornare al nostro film, trova forse la sua debolezza maggiore nello sforzo di mantenersi all’interno del mondo cinematografico di Biancaneve. Forse come film autonomo avrebbe funzionato meglio, avrebbe capito prima che direzione prendere, tra avventura, commedia e romanticismo. Sicuramente, ci saremmo risparmiati Biancaneve di spalle.
(Il cacciatore e la regina di ghiaccio, di Cedric Nicolas Troyan, 2016, fantasy, 120’)
LA CRITICA
Hollywood ormai è vittima di se stessa. Il cacciatore e la regina di ghiaccio si sforza di creare un universo cinematografico per la favola di Biancaneve. Che non ce ne fosse bisogno si sapeva già.
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