“Animali notturni”
di Tom Ford

Il limite più grande è l’ambizione

di / 18 novembre 2016

Poster italiano di Animali notturni su Flanerí

Sette anni dopo il più che apprezzato A Single Man, lo stilista Tom Ford torna dietro la macchina da presa per dirigere Jake Gyllenhaal e Amy Adams in Animali notturni, presentato, ancora una volta, alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia dove si è aggiudicato il Gran Premio della Giuria.

Venezia porta bene a Tom Ford, e gli vale sempre almeno un premio (nel 2009 era stata la Coppa Volpi per l’interpretazione di Colin Firth). Uno stilista con l’hobby del cinema capace di crearsi uno stile unico e riconoscibile con solo due film. Alla seconda prova, Ford colpisce per una maturità e una capacità di andare oltre l’evidente che dovrebbero essere proprie di un regista navigato.

Basato sul romanzo Tony & Susan di Austin Wright pubblicato in Italia da Adelphi, Animali notturni parte da un amore finito male.

Susan è un’importante gallerista unita senza gioia a un uomo che la tradisce e con cui condivide la ricchezza e le amicizie altolocate. Un tempo aveva un altro marito, Edward, che coltivava il sogno di diventare scrittore. Dopo una separazione difficile, i due non si sono più parlati per anni finché Edward non invia a Susan il manoscritto del suo prossimo romanzo. È una storia durissima di stupri e violenza da cui Susan non riesce a staccarsi, senza capire perché Edward abbia deciso di dedicarla a lei.

Animali notturni è due film in uno solo. Da un lato c’è Susan, che legge il manoscritto e cerca di capire, frugando nella memoria, perché Edward abbia deciso di spedirglielo. Dall’altro c’è il romanzo, che Ford mostra come un film a parte. Da un lato, quindi, c’è un thriller psicologico di introspezione raffinata quasi ai limiti del patinato, dall’altro c’è un western contemporaneo – ovviamente texano – di spietata crudezza.

A unire le due anime del film di Ford è la vendetta, la voglia di rivalsa di Edward su Susan. Quando quasi vent’anni prima il loro matrimonio era finito, Susan aveva ferito il marito due volte, tradendolo e dicendogli che non aveva la stoffa per diventare uno scrittore. Tra i due c’era una distanza sociale incolmabile: Susan di buona famiglia e destinata – e intenzionata – a rimanere nell’alta borghesia, Edward un normale ragazzo di umili origini con il sogno della scrittura. Vent’anni dopo, il romanzo di Edward diventa l’arma con cui ferire Susan, per farle sentire qualcosa, in qualsiasi modo, per farle vivere quello che viene raccontato nel libro. È il mezzo della rivalsa del povero contro il ricco, dell’abbandonato contro chi abbandona, dell’ultimo contro il primo.

Sospeso tra le due trame, Animali notturni conferma tutta l’eleganza del cinema di Tom Ford. Sul piano visivo, il film è impeccabile. Le due anime del racconto si svolgono parallele, alternando freddezza e orrore, buio e luce.

Il limite più grande Animali notturni lo trova nell’ambizione esagerata del suo regista, nella voglia di Ford di spingere la sua idea di cinema a un livello estremamente avanzato di fusione di generi. Così, nel tentativo di fare un film che sia allo stesso tempo thriller e melodramma, noir alla Lynch (l’inizio è una dichiarazione di intenti) e horror in salsa western, Animali notturni finisce per vagare nel buio delle idee sparse, pieno di spunti di grande suggestione ma senza una linea unica che riesca a dare una coerenza.

(Animali notturni, di Tom Ford, 2016, drammatico, 115’)

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LA CRITICA

Arrivato al secondo film in sette anni, lo stilista Tom Ford si conferma un regista in possesso di una propria voce e di uno stile dalla forte personalità. Il limite più grande lo trova nella sua ambizione che lo porta a spingere la sua idea di cinema troppo avanti.

VOTO

6,5/10

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