“Dove la storia finisce”
di Alessandro Piperno

La storia di una famiglia, al limite della Storia

di / 23 dicembre 2016

Il nuovo romanzo di Alessandro Piperno, Dove la storia finisce (Mondadori, 2016), ha l’ambizione di voler ritrarre l’odierna fisionomia della società ebraica a Roma. E ci riesce prendendo spunto dal ritorno in patria dopo 16 anni di Matteo Zevi, scappato in California per sfuggire ai suoi debiti. Di ritorno in città, tutti, chi con maggior entusiasmo chi meno, devono fare i conti con la sua presenza: la seconda moglie Federica (da perfetto sciupafemmine, il poligamo Matteo ha intrattenuto ben tre relazioni!) che sembra l’unica eccitata per il suo arrivo, la figlia avuta da lei, Martina, in bilico tra i problemi con il marito Lorenzo e la passione bruciante e ossessiva per un’altra persona, e Giorgio, il figlio che Matteo ha avuto dalla prima moglie e che non sembra accogliere bene il ritorno del padre, tanto da evitarlo in ogni modo, nonostante la moglie Sara e l’amico del padre Tati lo spronino ad aprirsi e a dimenticare le sofferenze passate.

Dove la storia finisce è una grande rappresentazione realistica in cui ogni personaggio recita il proprio ruolo con dignità, in cui si possono cogliere diversi “tipi umani”: da chi cerca di salvare almeno le apparenze, come Federica – che col padre e la figlia sembra fingere di mantenere il pugno duro nei confronti di Matteo – e Martina – che tenta di celare i suoi interessi extramatrimoniali –, a chi dell’arrivismo fa la propria marca di distinzione, come Giorgio – che concentra le sue energie in un fortunatissimo progetto di ristorazione, l’“Orient Express” – o la famiglia altolocata di Lorenzo – la quale si fa in quattro per organizzare un party esclusivo nella sua residenza estiva a Sabaudia cui partecipi la gente più “in” della capitale.

Una nota dolente spesso sottolineata è la mancata aderenza ai dettami della religione ebraica da parte di coloro che la professano: Piperno registra nella sua storia una generale diminuzione del senso del sacro negli ebrei romani, che sembra riassumersi nella figura di Giorgio. Sprezzante nei confronti del credo dei padri, dimentico di quanto tramandato per generazioni, inizialmente non si preoccupa affatto di rispettare le regole della sua religione. E solo la nascita del figlio Noah potrà in qualche modo smussare il suo atteggiamento chiuso e refrattario a qualsiasi esperienza religiosa, facendogli riscoprire l’importanza di certi riti, quale ad esempio la circoncisione.

Il tutto è poi trasposto in una Roma al limite tra «bellezza» e «squallore», sin dall’inizio, quando Matteo esce dal Raccordo sul taxi che dall’aeroporto lo conduce in città. È la Roma che sfoggia la sua decadenza in mezzo ai rifiuti, e il suo fulgore in mezzo alle vestigia storiche. Una dicotomia che sembra insanabile, in cui il vecchio e il nuovo che colorano la città convivono con la noncuranza di chi la vive e abita.

Il romanzo si conclude in una maniera inaspettata, che lascia senza fiato il lettore, incredulo, che fino all’ultimo spera che quello che è successo non sia vero. Un finale che segna la fine della storia, proprio laddove riprende la Storia.

 

(Alessandro Piperno, Dove la storia finisce, Mondadori, 2016, pp. 288, euro 20)
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LA CRITICA

Un romanzo coinvolgente, dalla scrittura ben calibrata. Un’unica pecca: in alcuni punti è troppo lento.

VOTO

7,5/10

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