“Portami oltre il buio” di Giorgio Boatti
Storie di cooperazione e coraggio nell’Italia che ha affrontato la crisi
di Giuseppe Virone / 11 gennaio 2017
C’è un’Italia, in Italia, che ha deciso di rimboccarsi le maniche; ce n’è una che ha fatto volare un albero per studiarne il cervello; una che ha fatto lavorare chi di diverso ha solo «un cromosoma di troppo», a dispetto di chi “di troppo” ha solo la presunzione di essere dal lato giusto della barricata che si è costruito da solo e che da solo bada a tenere in piedi; e c’è chi lotta per la libertà delle vite.
Se state pensando a un racconto surrealista vi sbagliate, perché queste “Italie” esistono davvero. Né sarebbe corretto (come sono stato tentato di fare) ricorrere alla metafora della Matrioska, la bambolina che contiene tante sosia di se stessa nascoste al proprio interno. No, non andrebbe bene. «L’Italia che non ha paura» non si nasconde, anzi, si mette in mostra e raggiunge ogni latitudine ed è apprezzata forse più dagli altri, che da noi.
Giorgio Boatti (1948, giornalista, storico e scrittore), con Portami oltre il buio – Viaggio nell’Italia che non ha paura (Laterza, 2016), ci racconta il suo terzo viaggio nel Bel Paese (dopo quello tra i monasteri di Sulle strade del silenzio, 2012, e quello tra le aziende agricole di Un paese ben coltivato, 2014, anch’essi editi da Laterza) facendoci scoprire le persone e le aziende che hanno reagito alla sfida della crisi economica scegliendo di attaccare, uscendo dagli schemi, soprattutto guardando negli occhi la paura e preferendo la posizione offensiva alla difensiva.
Con il suo stile sempre semplice, ma non banale, e la sua ironia mai scontata, lo scrittore lombardo riesce a suscitare nel lettore l’entusiasmo e la voglia di fare dei personaggi che incontra e, dobbiamo dire, anche la sua. Perché questa volta più del solito l’autore svela qualche aspetto di sé, come l’«aclufobia» o «nictofobia» di cui soffre, che non è altro se non la paura del buio con cui deve fare i conti quando, in uno dei sotterranei della Loccioni Group (una delle aziende straordinarie che descrive, caratterizzata dal coworking come mezzo per contribuire alla «felicità» dei propri lavoratori, al punto da poter essere definita «play factory») va via la luce.
Un Boatti che sentiamo più vicino, che ci racconta delle sue passeggiate nella Contea (così chiama il territorio in cui abita già nei testi precedenti), ma anche qualcosa di più, sebbene sempre all’insegna della «giusta distanza», su cui però non sveliamo altro (saprà di che si tratta chi ha già conoscenza dell’autore).
Più che da consigliare, la lettura di Portami oltre il buio è da auspicare. Perché quando un libro lascia dentro qualcosa è un buon libro, ma se questo qualcosa consiste in una spinta verso la scelta del coraggio, in tempi come questi, vuol dire che è un viaggio per cui vale la pena di partire.
(Giorgio Boatti, Portami oltre il buio – Viaggio nell’Italia che non ha paura, Laterza, 2016, pp. 242, euro 18)
LA CRITICA
La storia funziona, scorre, i flashback non rallentano mai il percorso, anzi aiutano il lettore a conoscere meglio il protagonista. Certamente ispirativo, andrebbe consigliato al pubblico giovane. Dal punto di vista formale, la sintassi non troppo articolata rende il testo adatto a ogni lettore e assolve l’autore da ogni accusa di pedanteria. Di queste storie vorremmo leggerne ancora.
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