Ristagni
Super, il nuovo album di Paletti
di Luigi Ippoliti / 7 febbraio 2018
Super è un album godibile e funzionale, con un focus ben preciso. Al terzo album, dopo Ergo sum e Ora e qui, Paletti ribadisce un certo talento per la composizione artistica. In Super c’è tutto per dare a questa nuova ondata di musica una nuova interpretazione, una nuova possibilità di essere. Ma, di pari passo a questa sensazione, ne scorre una sotterranea che rende il quadro non così chiaro.
Qui l’elettronica si mischia al pop in un elettropop muscolare, con soluzioni estetiche che denotano una certa cultura musicale che spesso è difficile trovare nelle ultime produzioni italiane. Coadiuvato da una scrittura di testi superiore a quella della maggior parte dei suoi colleghi contemporanei (Calcutta in primis, ma anche Tommaso Paradiso), Super è un lavoro che, pur facendo parte dello stesso mondo, si staglia sugli altri, facendosi nuova guida. Suona come una possibile interpretazione di quella branca di nuovo cantautorato italiano, un modo di scrivere canzoni scevro di quella inquietante sensazione di voler assolutamente strizzare l’occhio a un determinato pubblico, rimanendo comunque estremamente accessibile. Il tentativo è di fare quella cosa, ma a un livello più alto, per auto definirsi e ridefinire una corrente – perché, nonostante tutto, di una corrente stiamo parlando.
Ma, in definitiva, anche Paletti è parte di questo processo, e la sensazione è che non sia riuscito a staccarsene completamente, a emanciparsi del tutto. Perché in Super c’è sì Paletti ma, in diversi frangenti, pare che per una mancanza di coraggio il cantautore di Manerbio si sia appigliato a certi nuovi topos del nuovo cantautorato italiano in maniera troppo smaccata. È il caso, per esempio, dei Thegiornalisti in “Nonostante tutto” – qui, Paletti, sembra che abbia provato a scrivere l’erede di “Riccione” per l’estate 2018 – o de I Cani in “La notte è giovane”, dove la strofa sembra uscire direttamente da Il sorprendente album d’esordio dei cani.
Ma non è solo al nuovo che si rifà, in Super c’è anche uno sguardo a Max Gazzè (“Capelli blu”, “Lui, lei, l’altro” – quest’ultimo pare scritto da Gazzè e i Tiromancino di La descrizione di un attimo). Andando più indietro si può intuire un vago sentore di Luca Carboni in “Eneide”. Ma si può tornare ancora più indietro nel tempo, fino a Lucio Battisti (“Pazzo”, che suona come se “Tempo di morire” fosse stata pubblicata in Hegel).
In Super, c’è quindi la ripresa degli anni Ottanta, ci sono gli anni Novanta. C’è, dunque, l’oggi. Il modo di interpretare il presente con il filtro di ciò che è stato, ma costruito in maniera impeccabile. Super è, per questo, un lavoro che avrebbe potuto incidere maggiormente. Ma qualcosa – forse realmente il coraggio – lo ha reso un album scritto bene, piacevole e fruibile.
Ed è un gran peccato.
(Super, Paletti, Pop)
LA CRITICA
Super è un album ben fatto e interessante. L’unico rammarico sta nella sensazione che Paletti l’abbia scritto con il freno a mano un po’ tirato. Il prossimo album sarà la prova del nove.
Comments