Il miracolo dei Dimartino

"Afrodite", l'ultimo album dell'artista siciliano

di / 6 marzo 2019

copertina di afrodide su flanerí

L’uscita di Afrodite, il nuovo album dei Dimartino, arriva in questo 2019 come una benedizione. Da sempre lontano da certe logiche compiacenti, il cantautore siciliano costruisce un album di cui oggi l’universo pop e la produzione musicale italiana aveva fortemente bisogno. Dalle fondamenta dei Famelika, dove una decina di anni fa era la voce, all’esordio con il nome Dimartino con Cara maestra abbiamo perso, passando per Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile, fino al 2015 con Un paese ci vuole, Antonio Di Martino si è sempre distinto come un artista con una propria voce e un proprio carisma.

Poeta e abilissimo paroliere, è sempre riuscito a bilanciare nelle sue canzoni l’aspetto privato e l’aspetto sociale. In questa distanza, quella zona grigia e confondibile, Di Martino costruisce la sua torre da cui osservare le cose che accadono, traendone ispirazione per scrivere le sue canzoni. Ed è una piccola anomalia, oggi, questo tipo di attitudine nello sviscerare il dramma dell’esistenza da un punto di vista così scomodo.

Afrodite è un gran passo in avanti per la sua carriera. Un salto di qualità necessario, che permette ai Dimartino di fare un salto oltre un primo periodo giovanile ed entrare in quell’universo adulto dove hanno tutte le possibilità per trovarsi a proprio agio. Era dai tempi di Die di Iosonouncane che un under 40 (tralasciando i giovani-vecchi Verdena) non scrivesse qualcosa di così autentico e italiano  nonostante un palese riferimento a certe produzioni estere – a proposito dell’artista sardo, “Giorni buoni” è un ponte ideale tra i due musicisti.
Afrodite ruota attorno a suggestioni che alternano Lucio Battisti (quello di Don Giovanni, quello di Hegel) e i Tame Impala (la già citata “Giorni buoni”, il riff di “Cuoreintero”). Impatto decisamente meno low-fi rispetto a tutto quello tirato fuori in passato, Afrodite è un album massiccio, serio, spensierato e doloroso, dove è netta la capacità di esplicitare la tragedia attraverso l’umorismo.

Di Martino è un cantautore che sembra uscito da un mondo che, per caso, non ha continuato a essere Storia e Presente, con soluzioni liriche e musicali che non si arenano su un certo modo di trattare l’idea stessa di arte declinata in musica che invece oggi sembra l’unico canone possibile. L’artista siciliano percorre una strada non avvelenata, ispirata da Battisti, dagli insegnamenti di Cesare Basile, dal sarcasmo di Brunori (“Ci diamo un bacio”, “La luna e il bingo”).

«Lascia al mondo i piatti da lavare / La violenza dei conti correnti / Una parola rimasta tra i denti / Le cose buone che ci siamo detti / Prima di parlare dei fallimenti / Dei nostri sogni da adolescenti».

Solo questo passaggio da “Liberaci dal male” mostra il solco profondissimo che c’è tra lui e tutta l’accozzaglia itpop che non fa altro che ridurre la realtà a un gioco stupido su cui far finta di riflettere. Dimartino ha le caratteristiche, la serietà e il talento per poterla affrontare e cantare.

Siamo, in definitiva, di fronte alla svolta  dei  Dimartino, al passpartout per entrare nel mondo dei grandi. Senza scomodare la Teogonia e la genesi della dea della bellezza, Afrodite è un piccolo miracolo della musica pop italiana.

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LA CRITICA

Uscito a quattro anni da Un paese ci vuoleAfrodite è un album importante, convinto e pieno di talento: la consacrazione dei Dimartino è arrivata.

VOTO

8/10

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