La voce di una generazione
A proposito di “Persone normali” di Sally Rooney
di Valentina Barisano / 25 giugno 2019
Persone normali (Einaudi, 2019) è l’attesissimo secondo romanzo dell’autrice irlandese Sally Rooney, che lo scorso anno ha raggiunto una popolarità mondiale grazie al suo debutto Parlarne tra amici. L’esordio, chiacchieratissimo e apprezzato dai più, è stato presentato come un ritratto convincente dei millennial che sembravano finalmente aver trovato nella penna di Rooney un’abile portavoce. Allo stesso tempo, alcune delle critiche rivolte al romanzo sottolineavano quanto poco ci fosse di comune e generazionale in una vicenda che parlava di giovani universitarie alle prese con reading di poesia e relazioni extraconiugali. Rooney si difese prontamente dichiarando di non aver mai intenzionalmente raccolto la sfida del cosiddetto ritratto generazionale, quanto piuttosto di aver descritto un mondo molto più circoscritto, quello da lei osservato, e di aver cercato di renderne le dinamiche e dar voce ai personaggi attingendo alla sua realtà. L’autrice si porta dietro questa aura di profeta della generazione di Snapchat – o almeno così recitava l’altisonante strillo di copertina di edizioni originali e tradotte del suo esordio – e queste sono le premesse che hanno fatto sì che l’uscita del nuovo libro fosse carica di attese e alte aspettative.
La storia prende avvio quando i due protagonisti, Marianne e Connell, sono due studenti di una scuola superiore di Sligo, nell’Irlanda nord-occidentale. All’autrice non importa presentare formalmente i personaggi, basti sapere che sono teenager molto intelligenti, fin da subito introdotti come i “più bravi della scuola”, e sono i loro dialoghi a tratteggiare le loro caratteristiche, essendo la prosa di Rooney molto essenziale e concentrata sul parlato. I due si conoscono molto intimamente ma in pubblico fingono di non avere nulla a che fare l’uno con l’altra, per via della reputazione di Marianne, la quale nella gerarchia sociale della scuola è all’ultimo posto, essendo emarginata e vittima di bullismo. Per quanto Connell non si senta affine all’ambiente che discrimina Marianna, non se ne distanzia né lo condanna con fermezza, per via della sua ansia e della sua insicurezza che fanno sentire in trappola anche lui. Questo comporterà l’allontanamento dei due fino a quando non si incontreranno all’università per iniziare una relazione in cui le dinamiche di forza sembrano essersi rovesciate: il senso di inadeguatezza adesso è invece pane quotidiano di Connell, il quale, ritrovandosi nella prestigiosa università di Dublino, si percepisce come proveniente da una classe sociale inferiore e si ritrova al Trinity College in un clima molto diverso da quello del liceo, nei suoi confronti ostile e inospitale. Adesso è Connell a misurarsi con il senso di marginalizzazione dal contesto sociale.
I protagonisti si ritrovano uno di fianco all’altro, costruiti per analogie e differenze. Se da un lato condividono la questione della impopolarità e delle difficoltà sociali, la disparità economica che i due ragazzi vivono resta un tabù non affrontato: Connell deve lavorare durante ogni periodo libero dallo studio e sua madre lavora nella magione della famiglia di Marianne, la quale invece si può permette addirittura di affermare ironicamente durante una conversazione telefonica quanto lavorare sia immorale. Nonostante siano in costante dialogo tra loro e parlino continuamente di libri, film, cultura, politica, sessualità, non arrivano mai a prendere di petto il tabù della loro storia, gli squilibri che causano i loro veri problemi e soprattutto i fraintendimenti che finiscono per allontanarli.
I problemi che i giovani affrontano nel delicato passaggio da scuola a università non vengono tenuti fuori dal libro: parlando del contesto scolastico irlandese, i personaggi si scambiano opinioni sulle prospettive future e soprattutto del prezzo economico (e anche psicologico) che alcune carriere richiedono fin dall’ingresso nel mondo accademico. Spesso sono messi a fuoco gli ambienti accademici e le aule che Connell, da studente prodigio che deve ancora acquisire sicurezza, osserva silenziosamente. A volte sembrano peccare di autenticità, come spesso accade quando ci si ritrova in circoli culturali in cui la posa conta più della capacità di analisi, l’enumerazione delle letture fatte più del confronto con i testi stessi: «A poco a poco però ha iniziato a chiedersi come mai in classe tutte quelle discussioni fossero cose astratte e carenti di dettagli testuali, e alla fine si è reso conto che la maggior parte degli iscritti in realtà non leggeva». Altre volte gli accessi dei personaggi si fanno più esplicitamente polemici: «Era cultura intesa come manifestazione di classe, letteratura elevata a feticcio per la sua capacità di offrire agli eruditi finte esperienze emotive, cosicché in seguito potessero sentirsi superiori agli incolti delle cui esperienze emotive amavano leggere».
Come è possibile che i personaggi di Sally Rooney siano tanto complessi e sfaccettati pur essendo descritti in maniera tanto semplice? È lo stesso mistero della sua lingua, che rifiuta particolari artifici e riesce a nascondere dietro la sua apparente semplicità l’abilità di mostrare sfumature psicologiche sottili e originalissime. Allo stesso modo ci sono a volte delle false piste, la storia sembra che stia prendendo una piega addirittura banale, quando all’improvviso Rooney piazza la sterzata e riconduce la vicenda in una dimensione più originale, spesso violenta e cruda. Al di sotto della storia d’amore c’è una storia di violenza e delle ripercussioni che ha sulla sua vita sentimentale e non. Anche la depressione, presente pure in Parlarne tra amici, qui invece presentata da un punto di vista leggermente diverso e affrontata con il candore a tratti brutale dello stile di Rooney, che lascia che temi complessi si esplorino tramite episodi ed esperienze dei personaggi.
Un aspetto altrettanto interessante è anche la struttura del testo: ogni capitolo introduce una data e descrive lo stadio delle vite dei due protagonisti e la relazione che intercorre tra loro in quel determinato momento. A volte il salto temporale è di poche ore, molto spesso di alcuni mesi, e così vengono raccontati tre anni di relazione, dal 2013 al 2015. È questo il metodo che Rooney architetta per presentare l’arco del rapporto tra i due personaggi; tale procedimento rende possibile seguire i percorsi di crescita di entrambi, come se all’avanzare delle pagine corrispondesse l’evoluzione dei protagonisti. Le pagine iniziali partono da quello che sembra un banale cliché da telefilm americano, e presentano i due protagonisti in una fase embrionale del loro rapporto; i loro pensieri, i loro scambi, ma soprattutto la loro capacità di analizzarsi e parlare dell’inviolabile tabù che orbita attorno alla loro relazione, sono coerenti con quelli che sono pensieri e azioni di diciottenni, che seppure brillanti studiosi e abili conversatori ancora faticano a costruirsi un’autocoscienza e confessarsi l’un l’altro. Molto spesso è proprio sul non detto che si basano molti degli intoppi e arresti che incontrano i due personaggi. Man mano che il romanzo va avanti, invece, le situazioni iniziano a rivelarsi in maniera cristallina, mostrando la maturazione dei personaggi mentre si scontrano con i problemi della crescita e con i loro singolari caratteri.
Come in Parlarne tra amici, anche in questo romanzo ritorna lo scambio epistolare sotto forma di e-mail. Parafrasando Lauren Collins in un articolo del New Yorker, l’uso di Internet non è esplicitamente tematizzato da Rooney, almeno quanto la lettera non lo fosse in Jane Austen, bensì solo un medium che è stato in un certo senso talmente tanto assimilato da far diventare la comunicazione online un nuovo tipo di prosa. Mentre nell’esordio lo scambio tra i personaggi era uno dei nodi cruciali del racconto, qui l’e-mail non è altro che una dimensione più intima che i due protagonisti adottano in un momento di distanza, che gli permette di spiegarsi e di connettersi intimamente; la corrispondenza online rappresenta per entrambi una vita di fuga dalla loro realtà, ma anche un momento di approfondimento della loro stessa vita.
«Il tempo mentre digita si addolcisce, appare lento e dilatato. Non saprebbe spiegare perché le mail a Mairanne lo assorbano tanto, ma non ha l’impressione che sia una cosa banale. La sensazione è che il gesto di scriverle sia espressione di un principio più ampio ed essenziale, qualcosa della sua identità, o di ancora più astratto, che ha a che fare con la vita stessa».
In effetti, trattare Sally Rooney come colei che decanta la sua generazione significherebbe sottostimarla. Vengono in mente le parole di Hanna della puntata pilota di Girls «I don’t want to freak you out, but I think that I may be the voice of my generation. Or at least, a voice of a generation». Ma al di là della vicenda del ritratto generazionale più o meno credibile, uno dei tratti più interessanti dei suoi lavori è quello di riuscire non solo a dar voce alle individualità di personaggi realistici, ma anche a tener conto e mostrare come l’ambiente circostante e il sistema socioculturale in cui sono calati agisce su loro, modificando i loro rapporti e le loro vite.
Quando si arriva al termine di questo racconto, è doveroso interrogarsi sui motivi di quella che sembra una vera e propria mania per la scrittrice e sui possibili motivi della sua crescente popolarità. Viene da pensare che molto faccia il fatto che questo sia un libro di amanti di libri. Il mondo dei personaggi di Rooney è a contatto costante con la lettura e forse è nella condivisione della familiarità di questa pratica che il pubblico si lascia sedurre e travolgere dalle vicende dei suoi libri. Connell ce lo ricorderemo come il ragazzo che mentre sta leggendo Emma si sente troppo scosso dal fatto che il signor Knightley sposerà Harriet e deve chiudere il libro per questo senso di agitazione: «Si trova un po’ ridicolo, a farsi prendere così dal dramma dei romanzi. Preoccuparsi per dei personaggi di finzione che si sposano tra loro sembrerebbe intellettualmente poco serio. Ma tant’è: la letteratura lo commuove».
(Sally Rooney, Persone normali, trad. di Maurizia Balmelli, Einaudi, 2019, pp. 248, euro 19,50, articolo di Valentina Barisano)
LA CRITICA
Il sentimento altamente diffuso del non sentirsi perfettamente allineati alla concezione generale di normalità è sviscerato attraverso un romanzo che pone al centro del racconto proprio questa sensazione del sentirsi sempre un po’ outsider.
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