[Best 2020] I film
di Redazione / 29 dicembre 2020
Non è stato un anno semplice per il cinema. La chiusura delle sale ha bloccato l’uscita di alcuni dei titoli più attesi della stagione, da colossi come il nuovo Dune di Denis Villeneuve, ai tanti titoli italiani come Tre piani di Nanni Moretti, Diabolik dei fratelli Manetti e Freaks Out di Gabriele Mainetti.
Netflix ha fatto la parte del leone, avendo già abituato il pubblico all’uscita dei film in streaming diretto. Il nuovo portale Disney +, invece, ha dovuto misurarsi con un bel po’ di polemiche per la scelta di far uscire titoli come Mulan o l’attesissimo Soul in digitale senza aspettare la sala. Stesse critiche sono arrivate negli Stati Uniti per HBO Max, il nuovo portale che unisce le serie HBO ai film Warner.
In questo scenario, non è stato semplice trovare dieci titoli da inserire tra i nostri film più apprezzati dell’anno, anche considerando che titoli molto apprezzati da altre parti come Mank o Da 5 Bloods non ci hanno convinto affatto. Vi ricordiamo che consideriamo per questa (non) classifica solo i film usciti nel corso del 2020 in Italia, al cinema, in streaming o in VOD.
Ecco la nostra selezione.
Favolacce dei fratelli D’Innocenzo
Un film che conferma tutto il talento degli autori di La terra dell’abbastanza, premiati a Berlino per la sceneggiatura. Il miglior film italiano tra quelli visti quest’anno, per la sua capacità di condurre nella «normalità violenta degli adulti, attraverso lo sguardo silenzioso e analitico dei bambini».
Diamanti grezzi dei Safdie Bros
Ottimo anno per le coppie di autori fratelli. Diamanti grezzi, uscito su Netflix, è una lunga metafora del capitalismo come atto cannibale e autodistruttivo, trascinata da un Adam Sandler semplicemente straordinario.
Sorry We Missed You di Ken Loach
A proposito di critiche al capitalismo è impossibile non annoverare Sorry We Missed You di Ken Loach tra i migliori film dell’anno. Prima di questo anno di isolamenti domestici forzati e consegne a domicilio, Loach parlava con dolorosa lucidità delle condizioni disumanizzanti in cui lavorano i fattorini delle grandi compagnie di distribuzione nel mondo del lavoro 2.0.
1917 di Sam Mendes
A proposito di esperienze spersonalizzanti, Sam Mendes ci ha portato sul fronte della prima guerra mondiale in questo labirintico piano sequenza. Un viaggio infinito che dura un solo giorno e riporta allo stesso, identico, punto di partenza.
JoJo Rabbit di Taika Waititi
Ancora un film con la guerra in sottofondo. Questa volta è il secondo conflitto globale visto dagli occhi di un ragazzino invasato di nazismo e convinto che Hitler sia il suo migliore amico. Un film che ha il coraggio di ridicolizzare la guerra e l’odio prendendoli sul serio, senza retorica.
L’uomo invisibile di Leigh Whannell
Non è tanto il film in sé a meritare di essere menzionato tra i migliori dell’anno (pur essendo un ottimo titolo), quanto la capacità di innovare i classici. In un cinema che sempre più spesso finisce per copiare male se stesso e a trascinare all’infinito vecchie idee, la Blumhouse è riuscita ad attualizzare un classico dell’orrore e a portarlo davvero nel ventunesimo secolo.
Sto pensando di finirla qui di Charlie Kaufman
Il film più celebrale dell’anno, complesso, stratificato e ricchissimo. Parla «del viaggio di Lucy e Jake. Del viaggio di Lucy. Del viaggio di Jake. Di Lucy. Di Jake. Del viaggio. Di te, di me, di noi, del senso, un po’ di tutto. Un altro ritratto in movimento della mente umana, dei suoi mostri, del suo tempo e del suo linguaggio (ammesso che ci siano, o che ce ne sia uno per tutti), a opera del visionario scrittore/produttore/regista Charlie Kaufman. Genio e follia sono serviti».
His House di Remi Weekes
Nascosto nel catalogo Netflix, tra centinaia di serie tv tutte uguali e film improponibili, c’è questo capolavoro. Sembra un horror, ma non lo è. È un film che racconta meglio di molti altri l’orrore della migrazione e cosa sono disposte a fare le persone pur di abbandonare il proprio paese in fiamme.
Soul di Pete Docter e Kemp Powers
Quando la Pixar decide di andare sul metafisico tira sempre fuori dei film indimenticabili. Come con Inside Out, Pete Docter riesce a rendere concreto l’invisibile e trasformare in cartone animato una profonda riflessione sull’esistenza.
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