Orfani di Trump: l’estrema destra a stelle e strisce

“Fascisti d’America” di Federico Leoni

di / 13 maggio 2021

Fascisti d'America di Leoni

Gli Stati Uniti sono la più grande democrazia del mondo? Le vicende di Capitol Hill che hanno segnato la fine della presidenza Trump avevano sollevato più di qualche dubbio, e il recente libro di Federico Leoni non fa che aggiungerne di nuovi. Fascisti d’America è una mappa dell’estrema destra a stelle e strisce, che ci introduce in un mondo variegato estremamente inquietante nella sua assurdità. In ogni democrazia esistono bolle di fanatismo e di estremismo, ma oltreatlantico si raggiungono picchi impensabili.

Pubblicato da Paesi Edizioni, il reportage di Leoni ha il merito di illuminare gli angoli oscuri dell’estremismo di destra americano con una formula narrativa e un ritmo davvero appassionanti. L’indagine nasce da una domanda: come è stato possibile passare dalla grande promessa progressista di Obama, all’assalto violento (e grottesco) al Campidoglio di Washington?

Non basta certo mezzo minuto di incitamento presidenziale all’odio, per spiegare un lungo, sofisticato percorso di aggregazione, fermentazione e riscatto delle frange estremiste yankee. Sono tante le tappe che hanno segnato questa “lunga marcia” su Washington. Un processo che Donald Trump aveva provato a cavalcare, senza sapere che, come osserva l’autore, «l’estrema destra aveva usato Trump più di quanto non fosse vero il contrario». Ecco perché un libro come questo è necessario.

La lettura di Fascisti d’America è un’esperienza straniante per il cittadino italiano. Fin dall’inizio è chiaro che gli estremisti al di là dell’Oceano vivono in un humus culturale molto diverso da quello in cui sono cresciuti i neofascisti di casa nostra. Da subito emerge che il razzismo, il suprematismo bianco, è un elemento essenziale e dichiarato della destra americana. «La razza è il fondamento dell’identità» afferma Richard Spencer, teorico (e inventore) dell’alt-right. E se è vero che il tema dell’immigrazione e dell’ostilità verso i messicani che tentano di valicare il Rio Bravo è un grande cavallo di battaglia dei neofascisti a stelle e strisce, il lettore si trova prestissimo in un quadro molto diverso dalle lotte anti-migranti al quale l’ha abituato la destra europea. Un quadro in cui pullulano le bandiere sudiste, gli attivisti del Ku Klux Klan («gli spettri dei morti confederati sorti dalla tomba per compiere la loro vendetta») e partiti apertamente neonazisti. Oltre che ovviamente le radio private dei complottisti di turno (di cui fu pioniere Tom Metzger), e personaggi famigerati come Steve Bannon, stratega trumpiano della prima ora di cui Leoni ricostruisce l’ascesa passo dopo passo.

Dietro l’etichetta dell’estrema destra c’è una realtà frammentatissima, in preda alle violente bizze di questo o quel gruppo (Patriots, Proud Boys, Three Percenters, Oath Keepers, CSPOA). Un accrocco di sigle inquietanti, ma a prima vista inoffensive, che si presentano come ragionevoli e moderate. Ed è qui che ci si sbaglia: uno alla volta, Leoni ci mostra come tutti gli esponenti della galassia nera americana (si possono citare Jared Taylor, Peter Brimelow, Brad Griffin) tendano pian piano a «indossare la cravatta», abbandonando i toni estremisti ed organizzando conferenze in spazi istituzionali – quando i privati non gli affittano le sale – nelle quali però sostengono che «a diverse razze corrispondono diversi quozienti intellettivi».

Quale che sia la facciata, l’estremismo scorre forte nel sangue degli americani, come dimostra il grande desiderio di mantenere basso il gun control, che pure produce un tasso di morti e feriti da arma da fuoco di svariate volte superiore a quello dei paesi europei. E qui, appunto, emerge un elemento “ideologico” che probabilmente un italiano o un francese faticano a comprendere fino in fondo, ma che Fascisti d’America ha il pregio di illustrare in modo eloquente. Tante volte, al cinema, capita di ascoltare la frase preoccupata di qualche losco personaggio: «Ci sono i federali!». Ecco, uno dei tratti caratteristici della destra americana, che si pone in totale antitesi con il culto statalista della destra europea, è l’idea che sia il governo federale stesso a cospirare contro gli Stati Uniti, un dogma indiscutibile per le frange più radicali.

Certo, potremmo vederla come un’ennesima manifestazione del complottismo che le anima. Ma la paranoia riflette anche un sentimento di distanza, di lontananza dall’istituzione federale, che invece in Europa è sconosciuto, se non in casi eccezionali. Con questa consapevolezza appare meno stramba l’idea che gruppi di fanatici americani credano che il vero potere non risieda nel Presidente degli Stati Uniti, ma nello sceriffo della contea. Del resto, lo sceriffo spara. E dunque le pallottole non sono e non dovranno mai essere monopolio federale. È dal rigetto dell’autorità federale che deriva la rivendicazione delle armi da fuoco (quante pagine sono state scritte, da Weber in poi, sul monopolio della forza come elemento distintivo dello stato moderno!). Tutti uniti nella lotta al gun control, al Presidente nero che lo propugnava, e al Nuovo Ordine Mondiale che si annida nel governo.

Come implica il concetto stesso di alt-right, il vero salto in avanti per la destra americana è stata la scoperta del Web. Uno snodo fondamentale che ha permesso a galassie isolate, popolate da pochi fanatici, di diffondere il loro verbo nell’intera società americana e di mobilitare migliaia di persone. Con la Rete il fenomeno sociale è diventato fenomeno politico: molto presto la classe politica repubblicana ha cominciato ad accarezzare questo pezzo iperattivo, fedelissimo e oltranzista dell’elettorato.

Della pletora di gruppetti estremisti (contrapposti e diversissimi tra loro, va ribadito) Donald Trump è stato il federatore, il messia, il Salvatore. E quando anche la pandemia di Covid ci ha messo del suo (il lockdown ha isolato milioni di persone davanti al computer), sono esplosi fenomeni parossistici come QAnon: una delle più assurde (e disturbanti) teorie del complotto mai sentite, eppure sbarcata addirittura al Congresso con Marjorie Taylor Green e Lauren Boebert.

Sullo sfondo, gli USA hanno continuato a infiammarsi sempre di più (in particolare dopo l’omicidio Floyd) e, caduto Trump, la polarizzazione politica non accenna a spegnersi neanche sotto la presidenza Biden. Dopotutto, bisogna dirlo apertamente: a destra l’obiettivo è la guerra civile. E l’assalto del 6 gennaio 2021 potrebbe essere stato solo un assaggio di quel che ci aspetterà.

A volte è perfino difficile credere all’affresco di violenza, paranoia, complottismo e fanatismo che Leoni dipinge nel suo libro. Forse il lettore più interessato ai risvolti socio-politici avrebbe preferito un’indagine più profonda e analitica del processo di aggregazione e di convivenza delle (tante) destre a stelle e strisce, eppure la bella penna dell’autore è preziosa nel tratteggiare un quadro sintetico, ma ricco e completo, di attentati, sigle, idee e teorici dell’alt-right. Il lettore sarà ancora più stimolato ad approfondire, facendo tesoro di quel pozzo di informazioni raccontate a ritmo di thriller che è Fascisti d’America.

 

(Federico Leoni, Fascisti d’America. I suprematisti bianchi, i complottisti di QAnon, le milizie armate, la destra radicale. Ecco gli orfani di Trump che vogliono la rivoluzione, Paesi Edizioni, 2020, 160 pp., euro 16, articolo di Marco Di Geronimo)

 

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