Un sistema di oppressione
“Il capitalismo spiegato a mia nipote” di Jean Ziegler
di Redazione / 12 giugno 2021
Alla soglia dei novant’anni, Jean Ziegler colpisce ancora. Il sociologo svizzero conquistò una meritata notorietà – pari al disprezzo di molti connazionali – sollevando negli anni Settanta e Ottanta il velo di ipocrisia che circondava il sistema bancario elvetico, con due libri di grande successo internazionale quali Una Svizzera al di sopra di ogni sospetto e La Svizzera lava sempre più bianco. Dal 2000 Ziegler abbandonò la lunga esperienza politica al Parlamento federale del suo paese per divenire Relatore speciale sul diritto all’alimentazione alle Nazioni Unite. E da questo vero e proprio osservatorio sulla fame e la miseria del mondo comprese e seppe descrivere con straordinaria lucidità le più gravi storture della globalizzazione capitalistica in atto. All’epoca, significava remare quasi da soli contro le violente correnti della “fine della storia”.
Oggi le devastazioni prodotte dall’idolatria del mercato sono evidenti a chiunque abbia occhi per vedere: il capitalismo sregolato, svincolatosi dal controllo democratico degli Stati, si è risolto in una sorta di neofeudalesimo. Più che nelle mani del “mercato”, le sorti della civiltà sono nelle mani di un’oligarchia di multinazionali e giganti della finanza. È La privatizzazione del mondo, come Ziegler intitolò un libro preveggente del 2002.
Ma abbiamo occhi per vedere? Scoraggiati dalle miserie del dibattito pubblico e del teatrino cui si è ridotta la politica (colpevole di aver scatenato le forze che ora la condannano all’irrilevanza, cioè di aver creduto alla favola per cui il mercato non solo saprebbe autoregolarsi, ma saprebbe regolare la società meglio delle istituzioni pubbliche), tendiamo a perdere di vista il quadro generale in cui si inseriscono i nostri problemi quotidiani – disoccupazione, salari bassi, servizi pubblici sottofinanziati, luoghi invivibili – e persino a rimuovere dalla coscienza chi è condannato a condizioni di povertà assoluta in luoghi dimenticati. La parola chiave – non a caso tabù sui media – è ancora capitalismo, e per cercare di aprirci gli occhi Ziegler si affida a un’operazione editoriale di straordinaria efficacia: il dialogo con la nipote Zohra.
Il capitalismo spiegato a mia nipote (Meltemi, 2021) è un libro densissimo di spunti illuminanti ma anche semplice e breve, e l’espediente funziona proprio perché Zohra non è una bambina ingenua che si espone all’indottrinamento del nonno, ma una ragazza semi-adulta, consapevole, colta e sensibile, a cui manca solo la visione d’insieme, la capacità di unire i pezzi del puzzle. Il suo idealismo giovanile e disorientato rappresenta perfettamente la realtà di un capitalismo che sempre più agisce – dietro il velo del marketing e il fascino del consumo – come una forza impersonale e senza volto, sfuggente e lontana proprio mentre si rivela più pervasiva.
Come “nonno Jean” spiega alla nipote, quasi ogni aspetto delle nostre vite è stato mercificato o, peggio, sottratto al controllo democratico. Quasi ogni speranza di reale sviluppo umano nei paesi del Terzo mondo si è legata a doppio filo con l’imperialismo economico dell’Occidente e delle sue voraci compagnie transnazionali. Mentre le disuguaglianze di reddito dilagano, i governi non sono nemmeno in grado di pretendere che le grandi aziende restituiscano alla collettività qualche briciola in forma di tasse. La fame miete milioni di vittime ogni anno, mentre lo spreco diviene il motore economico di un Occidente ormai sbandato e senza controllo. I tentativi di greenwashing non riescono minimamente a scalfire le responsabilità del capitalismo nel riscaldamento globale e in tanti disastri ambientali. Insomma: i destini del mondo sono il sottoprodotto della lotta sfrenata per il profitto di pochi oligarchi, in grado di decidere della vita e della morte di milioni di persone.
Certo il mondo non è ridotto a un deserto, ed è questo il grande paradosso che rende ancora più urgente il superamento di un sistema incapace di distribuire equamente la straripante ricchezza che è in grado di produrre – per pochi. A questo proposito, Ziegler si rifà all’interpretazione dell’“economia arcipelago”: «Le reti economiche e finanziarie delle metropoli, dei grandi centri industriali nel mono» «interagiscono con profonde relazioni di interdipendenza che si sovrappongono agli stati-nazione. Tra queste isole di prosperità, interi paesi stanno scomparendo dalla storia, come navi fantasma». E anche sulle isole più rigogliose si moltiplicano le aree emarginate, dimenticate, sconfitte.
Il capitalismo dunque si rivela oggi una forza distruttiva e parassitaria, ma soprattutto incontrollata. Ziegler però non si limita a mettere in luce le derive degli ultimi quarant’anni (ciò che va sotto la formula di “neoliberismo”). Tutta la storia del capitalismo è costellata di devastazioni, più che di modernizzazione e creatività: senza imperialismo, colonialismo, schiavitù e sfruttamento non sarebbe mai arrivato a dominare il mondo e a trasformare l’Occidente in un modello che pretende di essere universale.
La ricognizione storica dell’autore è impressionante e più che mai necessaria. Se però c’è un limite in questo libro è lo spazio troppo ridotto concesso alle discontinuità degli ultimi anni, che forse possiamo ritenere inevitabili, ma di cui sarebbe utile indagare meglio le radici: in particolare la crisi del “matrimonio di convenienza” tra capitalismo e politica democratica.
Probabilmente Ziegler ha ragione di sostenere che «Il capitalismo non può essere ridefinito, deve essere distrutto […] affinché si possa concepire un’organizzazione sociale ed economica del tutto inedita». Ma attenzione, dalla sua implosione potrebbe emergere qualcosa di peggio, un feudalesimo de jure oltre che de facto. Anche per questo è necessario riscoprire la dimensione dell’utopia come motore del cambiamento: non è un caso che, fra tutti gli insegnamenti di nonno Jean, questo sia per Zohra il più sorprendente ed esaltante.
(Jean Ziegler, Il capitalismo spiegato a mia nipote. Nella speranza che ne vedrà la fine, trad. it. di Gaia Raimondi, prefazione di Vladimiro Giacché, Meltemi, 2021, pp. 120, euro 12)
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