Friends That Break Your Heart
L'ultimo album di James Blake
di Luigi Ippoliti / 13 ottobre 2021
Nel 2011 James Blake è stato una folgorazione. Ciò che lo ha seguito, tra alti e bassi, non è mai riuscito a raggiungere quel livello. Neanche a sfiorarlo. Sono passati 10 anni e ci ritroviamo in mano un nuovo album dell’artista inglese, Friends That Break Your Heart.
Ragionare attorno a Blake ti porta ogni volta a fare i conti con il suo talento. Un talento innegabile, palese, sfacciato. Un talento eccessivo anche per i suoi album. Talento che sbuca ovunque, soprattutto nei pezzi meno riusciti. Ma più passa il tempo e più c’è una questione ingombrante: James Blake si sta incartando sempre di più in quella che è l’idea Jame Blake?
James Blake si riduce nell’immaginario James Blake o può essere altro?
Friends That Break Your Heart, sulla scia di Assume Form, continua a dare quest’impressione. James Blake è sempre un fenomeno etc etc. Di fatto, però, quello che succede in Friends That Break Your Heart è esattamente quello che ci si aspetta da lui. E a ogni passaggio sembra che la formula perda di impatto e di significato.
In più, per buona parte dell’album, c’è un intrusione massiccia di featuring mainstream, cose che potrebbero stare bene da Beyoncé a qualsiasi altra epigona, che appesantisce il tutto. Lo sposta su un altro piano, un posto con cui lui, teoricamente, non dovrebbe avere nulla a che fare. Ne fa una strana macchietta, un subprodotto omologato simile a infiniti altri.
Che sia una questione di stile, qualcosa per cercare altre strade o semplicemente un modo per avvicinarsi a determinate fette di mercato, o magari entrambe le cose, poco (più o meno) importa: il risultato non cambia, perché da un punto di vista artistico l’intera economia dell’album ci perde. Lo rende inutilmente ridondante.
Nonostante questo – ma in fin dei conti proprio per questo – l’album parte alla grande. I primi due brani, “Famous Last Words” e “Life is Not The Same“, sono vivi, si sviluppano in maniera splendida, con tensione e crescendo emotivi. Blake canta come un Dio. Ma finisce tutto lì. Lì dove sembrava dovesse aprirsi chissà cosa. E dove invece si apre invece una parentesi dimenticabile, con rammarico e la sensazione che un Ep del genere sarebbe stato molto meglio.
Nel tronco finale c’è una lieve ripresa, ma sembra troppo poco e, di nuovo, un po’ sempre la stessa cosa. I pezzi rispetto a dieci anni fa, poi, sono più intellegibili, più chiari, più forma-canzone. Non è un problema di forma, ma di intenti.
In “Say What You Will” c’è forse un po’ troppo Bon Iver, “Lost Angel Night” somiglia sinistramente a una ninna nanna per bambini hipster e “If I’m Insicure” dai toni apocalittici stile Blade Runner girato nel 2050 non riesce a convincere del tutto. Solo “Friends That Break Your Heart” stupisce nella sua canonicità: una ballata voce e chitarra (chitarra vera, non filtrata da synth e simili), davvero una rarità nella carriera dell’artista inglese.
Esiste James Blake al di fuori di tutto questo?
LA CRITICA
James Blake sempre un fenomeno, ma gli album che scrive (ultimamente) non riescono a stare dietro al suo talento.
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