Ho cambiato tante case dei Tiromancino
L'ultimo album del gruppo di Zampaglione
di Luigi Ippoliti / 28 ottobre 2021
È possibile che non ci sarebbe stato l’itpop senza La descrizione di un attimo o che comunque quella cosa sarebbe stata diversa? Senza essere monolitici nel cercare una risposta, è innegabile che parte di quello che è successo nell’ultimo decennio in Italia da un punto di vista musicale abbia origine anche da quel momento. Ventun anni e diversi album dopo, i Tiromancino fanno uscire Ho cambiato tante case.
Zampaglione è da sempre un personaggio interessante nel panorama musicale. Riesce essere semplice, diretto e allo stesso tempo ambiguo. Non si è mai capito in quale porzione del mondo musicale si volesse collocare, o se volesse, per opportunità e limiti, navigare a vista in un limbo fatto di irresolutezza e, per forza di cose, rimpianti. Fino al 2000 pareva ovvia la risposta, da allora in poi decisamente meno.
Alla lunga, nella sua poetica, ha preso il sopravvento un certo fatalismo posticcio alla Ligabue. Un Ligabue che guarda il mondo da camera sua e non da un’auto che sfreccia in un deserto ideale – con la stessa voglia, poi, di far parte di un circuito radiofonico senza alterare lo status quo.
È banale ricordare quanto la carriera del gruppo romana sia stata influenzata dal loro quinto album, in particolare dai due singoli “La descrizione di un attimo” e “Due destini” – troppo riconoscibili, troppo canzone rispetto a parte del resto dell’album, che invece è meno metabolizzabile, più sfuggente, quasi etera. Ed è stato un bene, per loro: le porte del successo erano spalancate. Ma la direzione intrapresa è stata poi, artisticamente, rivedibile e piena di equivocità.
Non c’è mancato molto che potessero diventare delle meteore (e in quegli anni ce ne sono state molte) e ricordati a livello mainstream esclusivamente come quelli di La descrizione di un attimo.
Ho cambiato tante case è un album in linea con quello che sono diventati i Tiromancino: il livello non è mai altissimo, si tende spesso al ribasso, a volte si sopravvive attorno a un sei politico dove covano i rimpianti del cosa sarebbe potuto essere se; ci sono ballate romantico nostalgiche con la voce di Zampaglione oramai di casa, un po’ di elettronica, un po’ di dance pop e la perenne sensazione di rincorrere qualcosa raggiunta con La descrizione di un attimo che non potrà mai essere raggiunta. Sarebbe potuto uscire un lavoro peggiore, questo è sicuro, e il fatto che comunque non sia successo in qualche modo tirare un sospiro di sollievo.
In più, Zampaglione butta in mezzo il più o meno nuovo (Gazzelle, Franco 126, Galeffi, Leo Pari) e pilastri della musica italiana (Carmen Consoli): il vecchio e nuovo, due mondi che si incontrano e lui idealmente in mezzo: una metafora un po’ stucchevole e tendenzialmente autoriferita, ma che ci racconta parte di tutto un processo stratificato che ha influenzato la musica pop italiana degli ultimi vent’anni.
Quello che ne esce fuori è un lavoro con alcuni punti interessanti (l’onestà di “Eccoci papà“; “L’odore del mare” con Carmen Consoli, una canzone che comunque sarebbe potuta uscire senza problemi nel ’96 o nel 2005) e altri molto meno, tra cui l’imbarazzante incrocio con Franco 126 in “Er musicista” o “Questa Terra Bellissima“, dove viene raccontato un tema fondamentale con un testo che sembra scritto da Povia per i Pro Vita – non ce ne voglia Alan Clarke.
Ho cambiato tante case è questo, i Tiromancino sono questo, Zampaglione è questo, la sensazione che il loro tempo sia finito non da oggi non è una novità. Non serve accanirsi, ma accettare che le cose siano andate in un certo modo e lasciar perdere gli “e se”.
LA CRITICA
Non ci sono grandi novità per i Tiromancino con Ho cambiato tante case. Il gruppo di Zampaglione è questo e poco più.
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