I Nation of Language e il loro primo grande album
A proposito di "A Way Forward"
di Luigi Ippoliti / 1 dicembre 2021
Reynolds ci parla di retromania, di assenza di sguardo sul futuro. Di un futuro che non si è realizzato. Nel 2021 esce il secondo album dei Nation of Language, A Way Forward: come la mettiamo?
Riferimenti più o meno palesi a Cure, Kraftwerk, Depeche Mode. I New Order e i Joy Division. Gruppi che sono stati più che una guida per quest’album. La voce di Richard Devaney che riverbera come in Pornography che riverbera in un locale underground a metà anni ’80. Siamo in piena retromania.
Funziona il discorso di Reynolds di un appiattimento – uno stallo – iniziato negli anni ’00. Possiamo far rientrare i Nation of Language in questo discorso. Teoricamente ci siamo.
Quindi ha senso ha senso ascoltare un album del genere, oggi, e valutarlo lo stesso come un grande album? Domanda lecita, perché A Way Forward è un grande album.
Qui non si scimmiottano gli anni ’80, non è stato scritto un album nostalgico, senza ricerca, senza sperimentazione, ricalcando certi stilemi e di fatto copiando. Subordinandosi a un modo di essere.
I Nation of Language ridisegnano l’estetica anni ’80, lo fanno per l’Oggi, filtrano il tutto nell’indie anni 2000 (perché si passa anche attraverso gli Interpol, e non potrebbe essere altrimenti), rendono il suono estremamente fluido e – qui sta la grandezza – estremamente attuale. Gli anni ’80 sono ora nella testa dei tre americani. Non c’è stacco, non ci sono 40 anni di distanza. Non c’è uno sguardo malinconico su qualcosa che non c’è più. Gli anni ’80 sono oggi. Non siamo stati catapultati negli anni ’80: gli anni ’80 sono stati catapultati nel 2021.
L’album quindi scorre che è una meraviglia: la scrittura dei pezzi è intelligente, pensata, preziosa. Scie di synth e un basso sempre in evidenza che sorregge il tutto. “Across That Fine Line” ha la potenzialità da brano pietra miliare e un ritornello-magia dove underground e stadio sono bilanciati alla perfezione; “The Grey Commute” e “This Fractured Mind” sono pezzi usciti da Computerwelt ma pensati da Robert Smith; “Miranda” ha delle suggestioni alla Simple Minds di New Gold Dreams; “They’re Beckoning” suona come gli U2 avrebbero dovuto proseguire la loro carriera. La personalità di Devaney trascina costantemente e ricorda in qualche modo quella di Jarvis Cocker: i National of Language sono carismatici e sanno cosa stanno facendo.
A Way of Language, senza troppi giri di parole, si candida a essere uno degli album di questo 2021.
LA CRITICA
Gigantesco passo in avanti rispetto a Introduction, Presence: con A Way Forward, i Nation of Language scrivono uno degli album del 2021.
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