Dalla crisi economica all’entropia sociale
“Come finirà il capitalismo?” di Wolfgang Streeck
di Marco Di Geronimo / 27 gennaio 2022
Finalmente in italiano, Come finirà il capitalismo? (Meltemi, 2021) raccoglie in volume alcuni saggi di Wolfgang Streeck, sociologo ed economista tedesco, erede della Scuola di Francoforte e direttore del Max Planck Institut di Colonia, ma anche uno dei più autorevoli critici del neoliberismo, soprattutto nella sua versione europea. Non una monografia sistematica, ma un insieme di riflessioni autonome che ruotano tutte intorno allo stesso tema: l’attuale crisi del sistema capitalista, le sue origini e il suo decorso.
C’è ancora qualcosa da dire su un modello economico che sembra sempre più malato e al tempo stesso incomprensibile? Molto, a quanto pare. Il libro di Streeck affronta con originalità i problemi più scottanti dell’economia contemporanea: il rapporto (sempre più contraddittorio) tra capitalismo e democrazia, le ragioni economiche della fine dei Trenta gloriosi (gli anni 1945-1975, caratterizzati da crescita e forti politiche sociali), le croniche difficoltà dell’euro. E ancora: la funzione politica della moneta, gli strumenti sociologici per indagare l’economia, l’intreccio perverso tra consumo, cultura e società.
Grazie a una prosa cristallina, Streeck trova un equilibrio perfetto tra conio scientifico del ragionamento e accessibilità del linguaggio, senza rinunciare a note, grafici, tabelle, date ed excursus accademici. Molti degli articoli, d’altronde, sono stati pubblicati su riviste universitarie di grande prestigio, ma l’autore rifiuta la scrittura attorcigliata di molti colleghi, una linearità che garantisce la fruizione del volume anche ai meno esperti di economia e politica. Come finirà il capitalismo? è un libro che si presta a formare militanti (e perché no, quadri di partito) al passo con i tempi, in particolare per chi desidera capire meglio il presente e andare oltre il marxismo liturgico e confuso della sinistra superstite.
L’analisi di Streeck parte dal presupposto che il capitalismo sia fondamentalmente un sistema instabile. Tutto il contrario della vulgata contemporanea, che lo vede tendere invece verso un fantomatico equilibrio di lungo periodo (ma «nel lungo periodo saremo tutti morti», sappiamo da Keynes). Evidente l’ispirazione di Karl Marx, che l’autore conferma senza timore. «Scartare l’eredità marxiana» scrive quasi in coda al volume «potrebbe tagliarci fuori da importanti fonti di ispirazione» (ma anche dalla comprensione della storia economica). E non si può ignorare l’eco marxista nell’analisi di classe, nell’élite economica vista come «la più rivoluzionaria delle classi», nel concetto ricorrente di mercificazione.
Ma sarebbe limitante e forse ingeneroso derubricare Streeck a marxista eterodosso. Il suo pensiero si sviluppa in orizzonti ampi, nei quali hanno un ruolo decisivo la bussola triangolare delle analisi di Karl Polanyi, cioè le merci fittizie (denaro, natura, lavoro), la ricostruzione storica del pensiero ordoliberale (e in particolare la transizione da Schmitt, a Heller, a von Hayek), il peso politico e scientifico ancora attuale di John Maynard Keynes e di Max Weber. Ne emerge un quadro ricco e solido che tocca con mano la complessità dei problemi, e scopre nuove chiavi di lettura per i tempi moderni.
Chi conosce Marx sa già bene che il capitalismo è instabile; leggendo Streeck emerge anche la sua profonda vocazione all’autodistruzione. Ma il sistema non corre verso il baratro, solo verso il buio: non dobbiamo attenderci un collasso definitivo, al quale seguirà la nascita di un ordine nuovo e giusto: «nessun nuovo equilibrio di sistema […] ma un lungo periodo di entropia sociale o disordine». Uno scenario inquietante, ma connaturato alla tensione permanente tra capitalismo e democrazia. Il tema è ricorrente e recupera l’idea (polanyiana) secondo la quale il sistema capitalista erode le basi sociali del vivere civile, e la democrazia svolge una funzione di salvaguardia della società, e insieme anche della stessa economia capitalista. Un concetto – salvare il capitalismo da se stesso – che ormai accomuna molti autori, da Colin Crouch a Luigi Zingales, a Robert Reich. Contro il salvataggio, però, cospira lo stesso salvato: il capitalismo negli ultimi trent’anni approfitta di una strutturale debolezza della classe lavoratrice e di tutti i suoi strumenti di lotta. Lo spostamento di potere politico dallo Stato-nazione alle organizzazioni sovranazionali non facilita l’inversione di tendenza, e semmai esaspera il processo.
A questo proposito è illuminante la traiettoria che l’autore traccia nella prima parte del libro. Streeck illustra la transizione dallo Stato fiscale (caratterizzato da una spesa pubblica sostenuta dall’alta crescita) allo Stato di debito (nel quale il debito pubblico cresce per far fronte alla disoccupazione crescente, innescata dal blocco dell’inflazione) e poi allo Stato di consolidamento (in pericoloso bilico tra l’austerity chiesta per ridurre il debito pubblico e la spesa necessaria a far fronte alle inevitabili crisi del debito privato). E nel volume si trovano anche una critica dell’euro basata sul concetto weberiano di denaro, una spiegazione economica della personalizzazione del prodotto che chiarisce l’origine delle derive individualiste della società, un’analisi (davvero eretica, seppure non maschilista) che scova nell’ingresso delle donne nel mercato del lavoro una delle cause (involontarie) della sua precarizzazione e della sconfitta delle sinistre.
Ma nonostante la pluralità dei temi, Come finirà il capitalismo? non sconta nemmeno il dazio più comune delle raccolte di saggi: l’eterogeneità. Forse si colgono ripetizioni tra i diversi articoli, ma il volume trasmette sempre un senso di coerenza complessiva, che non disorienta mai il lettore. Ciò che disorienta, invece, è la possibile risposta alla domanda posta dal titolo: all’orizzonte non si profila alcuna cura a mali come stagnazione, disuguaglianza, instabilità, oligarchia, corruzione istituzionale e anarchia internazionale, generati dalla crisi senza fine del capitalismo. Le riflessioni di Streeck aiutano a porsi le domande giuste e ad affinare la qualità dell’indagine, per non arrendersi – almeno intellettualmente – al disastro.
(Wolfgang Streeck, Come finirà il capitalismo? Anatomia di un sistema in crisi, traduzione di Donatella Caristina, Meltemi, 2021, pp. 334, euro 22. Articolo di Marco Di Geronimo)
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