Il libro come contenuto e come contenitore
Alcuni casi
di Claudia Cautillo / 12 maggio 2022
Se il valore precipuo del libro consiste anzitutto nei suoi contenuti, vale a dire in quell’essenza non immediatamente visibile che si rivela soltanto attraverso la lettura, di notevole importanza è nondimeno l’aspetto, la forma, la sfaccettata dimensione extratestuale grazie alla quale è reso fruibile, e che per prima cattura lo sguardo. Di fatto, come si chiede Bruno Munari in Da cosa nasce cosa (Laterza, 1981): «Il libro come oggetto, indipendentemente dalle parole stampate, può comunicare qualcosa? E che cosa?». Questione oggi più che mai attuale, perché la formula visiva mediante cui il testo si manifesta – sia essa cartacea, dunque fisica e tridimensionale oppure incorporea e digitale, come nel caso dell’e-book – ne è in entrambe le circostanze imprescindibile elemento informativo, interpretativo, identificativo e denotativo. Tra i vari esempi che offre il panorama italiano coevo vale citare la nuova casa editrice Tetra, particolarmente attenta al senso del linguaggio non verbale quale sostanziale medium espressivo della dialettica contenuto-contenitore, al varo con la pubblicazione cartacea quattro volte l’anno, il quattro del mese, di quattro racconti di quattro differenti autori a quattro euro ciascuno, in elegante formato quadrato.
L’insistenza sul numero quattro, già implicita nell’etimologia greca del logo e ribadita nei lati uguali del quadrato, non è gratuito esercizio ornamentale ma precisa scelta logistica, finalizzata a definire uno specifico estetico che diventi modello riconosciuto. Secondo alcuni studiosi il quadrato, presente già dalle incisioni rupestri dei primi uomini, sembra sia stato addirittura il formato più antico del libro, fin dai primordi della scrittura. Dimensione che persiste ancora durante il IV secolo, nel passaggio dal volumen – cioè dal rotolo su papiro – al codex piegato e ripiegato – una singola tavoletta di legno ricoperta di cera e in seguito un gruppo di tavolette, tenute da lacci di cuoio e protette da due piatti di legatura – per evolvere nel più snello formato verticale del rettangolo, con un’altezza maggiore della larghezza, solamente durante il Rinascimento, quando i volumi abbandonano la massiccia mole medievale.
Richiamo dunque all’antica fascinazione del quadrato, il formato scelto da Tetra affida alla sua enigmatica semplicità – la cui simmetria è solo apparentemente ripetitiva perché in grado di generare i rettangoli armonici da cui si sviluppa la Successione di Fibonacci – il compito di rendere riconoscibile e possibilmente memorizzabile, nell’esuberante e caotica inflazione di proposte del panorama editoriale contemporaneo, la presentazione dell’oggetto culturale libro, diventando invito anche visivo alla lettura. Criterio morfologico, quello dell’utilizzo del quadrato nell’ambito della progettazione editoriale, di cui l’Italia vanta esempi di assoluto pregio, quali le indimenticabili copertine di Bruno Munari per la Piccola Biblioteca Einaudi, che prese l’avvio nel 1960. Ripartite in sei quadrati, con la possibilità di usarne anche solo una parte, potevano perciò declinarsi in numerose soluzioni entro cui collocare le informazioni necessarie all’identificazione del contenuto: autore, titolo, illustrazioni o fotografie. Per la stessa casa editrice Munari progetta altre due collane preposte alla saggistica: quella di impronta costruttivista de Il nuovo Politecnico, attiva dal 1965 al 1990, con quadrato rosso su fondo rigorosamente bianco, e la Paperbacks, edita dal 1969 al 1997, la cui sobria eleganza della cover è caratterizzata da un semplice quadrato blu posto sotto titolo e autore. Al genio di Munari si deve anche la speciale trilogia – edita da Scheiwiller dal 1960 e riproposta a partire dal 2005 da Corraini – in perfetto e agile formato rigorosamente quadrato, dedicata rispettivamente alla forma geometrica di quest’ultimo, del cerchio e del triangolo e alla loro storia, significati e usi lungo l’arco del tempo.
Ma nell’affastellarsi caotico delle soluzioni figurative che invadono il mercato editoriale degli ultimi anni, in cui la tendenza prevalente pare quella di un trionfo dell’eclettismo fine a se stesso, risolto nella sempre più sofisticata ricerca di una trovata originale che consenta al singolo libro, alla casa editrice o a una sua collana, di emergere dal contesto dell’esposizione sovraffollata di segni, stili e soprattutto colori, quale orientamento dare al lavoro d’immagine sul libro? A questo interrogativo Tetra sembra voler rispondere con un processo visivo di sottrazione e non di sovraccarico, per mezzo di una cover ben visibile, tuttavia non “urlata”, in cui l’illustrazione che accompagna e sottolinea il testo campeggia sopra uno sfondo dall’uniforme tono avorio. Riguardo alla copertina, principale veste visiva del libro, la storia della grafica editoriale insegna infatti quanto l’uso del colore ne sia strumento funzionale capace di definirsi come tratto distintivo, basti solo pensare alla moderna razionalità che caratterizza i bianchi e rossi della Nuova Universale Einaudi, al sereno classicismo che identifica gli azzurri di Sansoni, ai luminosi gialli immediatamente riconoscibili di Vallecchi, ai verdi intensi tipici della Medusa mondadoriana.
L’assai limitata superficie della copertina è, in un volume, lo spazio di pochi centimetri in cui si condensano ricerche di ritmo, monotonia e pluritonia, equilibrio e squilibrio, simmetria e asimmetria, e nel quale l’immagine – pittorica o fotografica – vi svolge un ruolo determinante. Tetra, in quanto giovane casa editrice che nasce con l’ambizioso obiettivo di rappresentare, tramite la forma breve del racconto, la complessità e il fascino della nostra epoca, per questo motivo sceglie illustrazioni originali realizzate mediante la tecnica del collage: frammenti pittorici di figure accostate, sovrapposte, intersecate variamente in composizioni-mosaico che si presentano, al contempo, come prodotto unico e irripetibile, sia pure realizzato in serie. Narrazione autonoma, parallela eppure di supporto al testo, scopo dell’illustrazione di copertina non è infatti quello di essere mera esibizione estetica, bensì di proporsi come precisa espressione extraverbale di portata semantica intesa a richiamare i contenuti al suo interno, perché «illustrare vuol dire commentare visivamente i prodotti di altri sistemi di segni», come osserva Umberto Eco in La struttura assente (Bompiani, 1968).
Ma assieme al tentativo di dare vita ad un’identità riconoscibile, alla cura dedicata agli aspetti relativi alla comunicazione visiva – tra l’altro ogni volume sarà numerato – e alla rivendicazione della formula del racconto come scrittura in grado di giocare un ruolo di primo piano nello scenario librario contemporaneo, intenzione di Tetra è anche quella, attraverso la scelta di proporsi a un costo molto contenuto, di avvicinare un pubblico il più vasto ed eterogeneo possibile. Incuriosire, catturare l’attenzione, coinvolgere tanto gli appassionati quanto i lettori occasionali, al fine di affermare sul mercato un nuovo prodotto editoriale, è aspirazione che cresce e si sviluppa soprattutto a partire dalla metà del XX secolo, quando l’editoria comincia per la prima volta a pensare in termini industriali e di divulgazione di massa. È allora che assistiamo, ad esempio, alla massiccia diffusione – dapprima sulla scena inglese e solo in seguito in Italia – dell’innovativo modello ideale di libro dei maneggevoli, pratici ed economici tascabili Penguin. Nata a Londra nel 1936 con la sigla editoriale the Bodley Head, negli anni Sessanta la Penguin Books di Allen Lane ne affida la direzione artistica a Germano Facetti, che mantenendone integri i contenuti culturali ma trasformandone l’aspetto esteriore – basti citare la celeberrima collana I Classici, sulla cui copertina a sfondo nero si staglia l’immagine a colori, per un effetto di grande impatto e immediata riconoscibilità – ne decreterà l’enorme riuscita commerciale a livello planetario.
In Italia, nel medesimo volgere di anni, il mercato editoriale è segnato dalla nascita e dallo straordinario successo degli Oscar Mondadori, da acquistarsi nelle edicole a basso prezzo in comodo formato tascabile. Nel lancio pubblicitario, scritto da Vittorio Sereni, si legge: «gli Oscar sono libri-transistor che fanno biblioteca, presentano settimanalmente i capolavori della letteratura e le storie più avvincenti in edizione integrale super economica per il tempo libero. Gli Oscar sono i libri per gli italiani che lavorano: per gli operai, per i tecnici, per gli impiegati, per i funzionari, per i dirigenti, per gli studenti, per la famiglia, per tutti i membri attivi e informati della società. A casa, in tram, in filobus, in metropolitana, in automobile, in taxi, in treno, in barca, in motoscafo, in transatlantico, in jet, in crociera, gli Oscar saranno sempre nella vostra tasca, sempre a portata di mano». La strategia di immagine, inizialmente curata da Bruno Binosi, si basa su un’impostazione coordinata che dà identità alla linea e, al contempo, studia ogni copertina – le cui illustrazioni vengono affidate a Mario Tempesti già autore, tra le altre, di quelle della Domenica del Corriere e del settimanale Anna – come se avesse carattere autonomo, pur rispettando i criteri di riconoscibilità della collana.
La sfida della moderna editoria, se vuole concorrere alla realizzazione del libro come messaggio autenticamente culturale, non può evitare di assegnare il giusto valore – al di là dei suoi fondanti contenuti testuali – alla continua ricerca di sempre nuove idee, sperimentazioni e soluzioni innovative quanto di comunicazione e fruizione che di lettura. È dunque sulla base di questo principio che si muove la nascente iniziativa editoriale di Tetra, quella cioè di proporsi quale medium comunicativo, percorso in divenire, spazio d’incontro in cui convergano i tanti e sfaccettati aspetti dell’oggetto-libro, finestra aperta sull’attraente intreccio delle trasformazioni del nostro tempo.
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