MORE D4TA, politica e techno
Il ritorno del supergruppo tedesco
di Luigi Ippoliti / 26 maggio 2022
La cifra stilistica dei Moderat è consolidata. Riconoscibile. Le identità di Apparat e Modeselektor messe insieme. Nessuna delle due. Qualcosa che è altro. Moderat è un corpo che si muove a prescindere dalle anime che lo compongono. Dopo sei anni, il ritorno con MORE D4TA.
Techno da club anni 90 inglese (Surgeon o Cybersonik, per dirne un paio, ma anche necessariamente quella pietra miliare della scuola di Detroit, Jeff Mills), idm (sempre con una propensione massimalista), Burial come uso dei campionamenti (da sempre punto di riferimento).
Chiaro l’intento dell’album, partendo semplicemente dall’immagine della copertina. L’astrattezza generale che emerge delinea un discorso sull’uso dei dati, dei numeri, l’algocrazia: la ricerca di come disciplinare il genere umano attraverso il calcolo non umano (nonostante sia un prodotto umano) e la sua raffigurazione artistica attraverso la macchina: il senso dell’album in questo continuo gioco di rimandi e di paradossi. Ne esce il manifesto politico dei Moderat.
Intorno al discorso sulla musica, comunque, non ci solo riferimenti alla techno o alla trance: perché per quanto sia necessaria la dimensione da Club/Live – l’aspetto su cui si basa la performance Moderat (l’idea di rave, di rito collettivo, il riconoscere l’altro attraverso il rito) -, con l’idea di groove e i suoni ossessivi e acidi, le radici di MORE D4TA le troviamo anche nelle istanze melodiche del pop che si fa post pop: ritroviamo quindi un corrispettivo contemporaneo in Bon Iver (“Soft Edit“), la sua rilettura cyborg del pop, o nei Depeche Mode di Violator e il loro deformare la melodia attraverso il filtro dell’elettronica.
C’è Thom Yorke e non potrebbe essere diversamente: la sua carriera solista si sviluppa su binari che viaggiano verso una nuova interpretazione dell’elettropop, ed è dunque complicato fare un discorso sui Moderat senza citarlo (“Shipwreck” dei Modeselektor, no?). In fin dei conti, per parafrasare Dostoevskij, siamo tutti usciti dal cappotto di Thom Yorke.
Da “Fast Land” (dove riesce benissimo il tentativo di mischiare Boards of Canada e Massive Attack) al pezzo più melodico “More Love“, passando per il capolavoro post tecnho trance “Neon Rats“, fino all’elettrizzante “Undo Reno” (dove emergono i già citati Depeche Mode), esce fuori un album scritto da musicisti che confermano per l’ennesima volta di avere chiaro in testa come esprimere i propri contrasti con l’esterno.
I Moderat sono un’anomalia del sistema musica, un’entità che abbraccia diversi universi non riconoscendosi in nessuno, ma riuscendo a esprimerli con grande sensibilità: “MORE D4ATA” è l’ennesimo momento delle loro carriera in cui sembra che Apparat e Modeselektor trovino tutto ciò di cui hanno bisogno nell’altro.
LA CRITICA
Ulteriore riprova che il mix Apparat e Modeselektor funziona e deve andare avanti: MORE D4TA è l’ennesimo grande album dei Moderat.
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