L’impossibilità di ritrovarsi
Su “Nostalgia” di Mario Martone
di Francesco Vannutelli / 3 giugno 2022
A pochi mesi di distanza da Qui rido io, Mario Martone torna in sala con Nostalgia presentato in concorso al Festival di Cannes a cui non partecipava dal 1998. Quell’anno era stata Elena Ferrante l’ispiratrice letteraria del suo film L’amore molesto. Nostalgia parte invece dal romanzo omonimo di Ermanno Rea per costruire una storia sul passato e sul ritorno. Al centro di tutto, ancora una volta per Martone, c’è Napoli.
Felice Lasco torna nel capoluogo campano dopo quarant’anni di assenza. Aveva lasciato la città ancora ragazzino per lavorare all’estero, fino a diventare un imprenditore di successo in Egitto. Sposato senza figli, nel corso degli anni ha dimenticato l’italiano e il napoletano, ha abbracciato la fede islamica e la cultura egiziana rimuovendo le sue radici partenopee. Il ritorno improvviso a casa dopo la lunga assenza è dettato da un bisogno irrazionale che non viene spiegato al pubblico. In Italia lo aspetta la madre anziana, che trova sfrattata dall’appartamento di famiglia e relegata in un basso. Dietro il destino della donna sembra esserci Oreste Spasiano, il suo amico d’infanzia diventato boss del Rione Sanità. Felice e Oreste sono uniti da un legame segreto che a partire dai quindici anni ha condizionato per sempre le loro vite. E forse è arrivato il momento di fare i conti con il passato.
Al decimo lungometraggio, Martone conferma di trovare la forza per il suo cinema migliore nei suoi interpreti e nella sua città. In Nostalgia i personaggi e Napoli sono al centro di un dialogo continuo, di uno scambio che svela un percorso e mostra il segno del tempo.
È soprattutto Pierfrancesco Favino a fare da guida al pubblico. Il suo Felice Lasco è un uomo che si riavvicina alla propria vita un passo dopo l’altro. Il suo ritorno spinto da una nostalgia invincibile diventa un viaggio di riappropriazione di sé. Il talento di Favino mostra un’altra delle sue tante sfaccettature in questa riconquista lenta dei ricordi e della vita. Lasco arriva a Napoli con un forte accento e tante difficoltà nel ricordare i termini dialettali e finisce per parlare in napoletano, per cercare la moto della sua adolescenza, per comprare casa.
Al suo opposto c’è Tommaso Ragno che anima Oreste Spasiano detto ’O Malommo. Abitante di una Napoli oscura e invisibile, Spasiano è un pozzo di rancore e rabbia che vede il ritorno di Felice come una minaccia. Se Favino riempie lo schermo con una presenza praticamente assoluta, a Ragno bastano pochi minuti per confezionare un malvagio titanico, tormentato e violento. Punto mediano tra i due antagonisti è Don Luigi (Francesco Di Leva), prete agguerrito con la sua corte di giovani da salvare.
La nostalgia di Martone si costruisce attraverso questi tre personaggi. La nostalgia della vita che sarebbe potuta essere e di quella che non sarà mai più.
L‘ultima edizione del Festival di Cannes ha confermato che il cinema italiano sa ancora essere vitale e profondo. Anche se sono mancati i premi, Marco Bellocchio con Esterno notte di Bellocchio ha mostrato un nuovo volto alla serialità, mentre Nostalgia ci ricorda la grandezza della scrittura e dell’interpretazione.
Lasco e Spasiano si sfiorano per tutto il film con una tensione che sembra contenere molto più della pura amicizia. Quando il loro incontro esplode sullo schermo lo riempie con una luce irresistibile, che meriterà di venire ricordata.
(Nostalgia, di Mario Martone, 2022, drammatico, 119’)
LA CRITICA
Mario Martone torna a Napoli in compagnia della Nostalgia di Ermanno Rea. Dall’interazione potente tra il protagonista Pierfrancesco Favino e la sua nemesi Tommaso Ragno nasce un film vibrante di tensione e rimpianto.
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