E ritornare al tempo che c’eri tu

L’immensità privata di Emanuele Crialese

di / 23 settembre 2022

Poster di L’immensità

Emanuele Crialese lascia la Sicilia e torna a Roma e al cinema con L’immensità, film di ispirazione autobiografica che lo riporta in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.

Nella Roma dei primi anni Settanta Adriana cresce con il sogno di diventare Andrea. A supportarla ci pensa Clara, l’adorata madre che si sente stretta nelle rigide maglie della famiglia e della società borghese. In compagnia del fratello e della sorella, Adriana assiste nascosta negli angoli di casa alla crisi perenne che allontana i genitori sullo sfondo di una città in continua espansione. A salvarla ci pensa la fantasia e il desiderio costante di qualcuno – Dio o gli alieni – che la conduca in un mondo in cui sentirsi completa.

L’immensità segna il ritorno al cinema e a Venezia di Emanuele Crialese a undici anni di distanza da Terraferma. Dopo aver concluso la sua “trilogia isolana”, il regista romano si è preso tempo per realizzare il suo film più sentito e intimo.

Un progetto che pesca dalla vicenda personale di Crialese, che ha rivelato di essere nato Emanuela e diventato Emanuele. La dichiarazione arrivata a Venezia ha gettato una nuova luce sulla filmografia del regista. Le sue storie di spaesamento e transizioni geografiche trovano ora una nuova chiave di lettura con questo racconto personale coltivato e rimandato per anni e nel quale, però, la vicenda privata trova meno spazio di quanto avrebbe meritato.

Con L’immensità Crialese sembra soprattutto esprimere il fortissimo desiderio di riprendere le parole di “Rumore”, il brano cantato da Raffaella Carrà che non a caso compare in una sequenza coreografica tra i momenti migliori del film: «Io stasera vorrei / Tornare indietro nel tempo / Na na / E ritornare al tempo che c’eri tu / Per abbracciarti e non pensarci più su».

Presentato come un film sull’identità di genere di un’adolescente che si sogna ragazzo, L’immensità è in realtà l’espressione della nostalgia e dell’amore profondo del regista per Clara, donna esuberante e libera che fuoriesce dagli schemi della borghesia degli anni Settanta. Un personaggio con tratti ricorrenti nel cinema di Crialese, già visto in contesti diversi in Grazia/Valeria Golino di Respiro e Lucy/Charlotte Gainsbourg di Nuovomondo.

La Clara di Penelope Cruz è il motore e allo stesso tempo il limite di L’immensità. L’interpretazione dell’attrice spagnola aggiunge sfumature a ogni singolo dettaglio, dall’amore per i figli alla sopportazione dei comportamenti del marito. Questa figura di donna anticonformista, infelice e in anticipo sui tempi è però ormai diventata uno stereotipo ricorrente all’interno del cinema italiano. Quando si aggiunge all’altra tematica ampia e abusata del viaggio nella memoria personale del regista si ottiene un pericoloso e involontario effetto déjà vu. Un rischio che andrebbe tenuto a bada con la capacità di rendere universale la storia, di prendere la dimensione del ricordo individuale e farne una traccia che chiunque possa seguire.

Crialese finisce invece per rinchiudersi in se stesso, a seguire il proprio flusso di ricordi senza una visione d’insieme. La struttura frammentaria del film amplifica lo smarrimento del pubblico, in difficoltà nel seguire la vicenda di Adriana/Andrea che solo a momenti trova davvero un proprio spazio. C’è la storia d’amore con la ragazzina figlia di operai nel cantiere di fronte a casa, il rapporto con i fratelli, la distanza rancorosa dal padre, ma non c’è un’identità precisa che parli davvero di lei. Così, tra un improvviso abuso di sequenze oniriche pescate dalle teche Rai, con Clara e Adriana che diventano rispettivamente Raffaella Carrà e Patty Pravo, Adriano Celentano e Johnny Dorelli, il pubblico finisce per rimanere indifferente alla superficialità di un film che avrebbe meritato – per usare un termine caro a Crialese – ben altro respiro.

(L’immensità, Emanuele Crialese, 2022, drammatico, 94’)

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LA CRITICA

Emanuele Crialese perde l’occasione con il suo film più intimo e sentito. Il ritratto di Adriana/Andrea e Clara finisce per confondersi con tanti altri film italiani fatti di nostalgia e ricordi personali.

VOTO

5,5/10

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