Grazie di essere venuto al mondo
Su "Le buone stelle"
di Elisa Scaringi / 28 ottobre 2022
Il giapponese Hirokazu Kore’eda è indubbiamente l’autore delle relazioni autentiche, quelle che arrivano a salvare solitudini in cerca di riscatto. Il suo cinema parla di legami che non nascono dal sangue: intorno c’è il contesto sociale che incide sulla vita e sulle scelte, mentre al centro stanno le immagini che realizzano il miracolo dell’affetto che sboccia, si moltiplica e poi si riconosce in un’idea di famiglia allargata e alternativa.
Le buone stelle – Broker parla proprio di questo, senza la stanchezza di chi ha raccontato l’argomento sotto varie angolature, cominciando da Un affare di famiglia, Palma d’Oro al Festival di Cannes nel 2018. Stavolta l’ambientazione è sudcoreana e la pioggia iniziale sembra proprio un omaggio al Parasite di Bong Joon-ho (Palma d’Oro 2019 e quattro premi Oscar vinti). Hirokazu Kore’eda, però, rimane se stesso, col suo tocco poetico che rende anche questo film un piccolo gioiello difficile da dimenticare.
Un road movie che costruisce i sentimenti intorno a un evento discutibile come la compravendita di neonati, incentrando l’intreccio non tanto su soprusi e violenze, quanto piuttosto sull’unico desiderio comune a tutti i personaggi: trovare un genitore o esserlo per qualcun altro. Qui la maternità e la paternità non sono più categorie anagrafiche, ma sentimenti urgenti a cui è necessario dare una risposta per riuscire a superare i propri traumi. Non c’è nessun giudizio per chi abbandona il proprio figlio e poi cerca di venderlo, o per chi si allontana dalla famiglia per darsi alla vendita dei figli altrui. Si tratta sempre di donne e uomini dal passato difficile, che riescono comunque a interrogarsi sui propri sentimenti e sulla scelte sbagliate che li condizionano.
Sang-hyeon (interpretato da Song Kang-ho, già protagonista di Parasite e qui vincitore a Cannes del premio per la migliore interpretazione maschile) cerca di essere un buon padre per la ciurma che si ritrova a guidare col suo furgoncino blu, quasi a riscattare quell’assenza imposta alla moglie e alla figlia, ormai lontane nella nuova vita di Seul. Il giovane complice Dong-soo, abbandonato e cresciuto in un orfanotrofio, non si allontana mai dalla sua infanzia di bambino deluso dalla vita e dalla mamma: continuando a lavorare con gli orfani, pensa di poter curare le ferite e spera ancora di ritrovare i genitori mai conosciuti. Anche lui scopre il sentimento della paternità, mettendo da parte i risentimenti che interiormente cova contro le relazioni umane. Se per Sang-hyeon il viaggio diventa l’occasione per riprovare di nuovo a essere padre, Dong-soo incarna la meraviglia di un’urgenza che nasce col tempo e alla quale non riesce più a rinunciare. So-young, pur avendo messo al mondo il bambino concepito da una relazione extraconiugale, sembra non provare, almeno all’inizio, quel trasporto che nasce con la vita nuova. Per lei, che appare fredda e distaccata, la maternità cresce con la fiducia che matura per se stessa e per i due uomini con i quali decide di vivere un’avventura. L’amore per il suo Woo-sung si trasforma in una promessa per il futuro, certa di aver trovato, insieme con il figlio, anche un compagno, custode delle reciproche ferite, e un padre, vigile a salvaguardare il legame che hanno stretto.
A osservare la storia c’è Soo-jin, la detective tutta d’un pezzo che prende su di sé la responsabilità di guidare gli eventi sulla strada delle relazioni vere e autentiche, quelle nate dalla benevolenza. Infine, il simpaticissimo Hae-jin, con la sua gioia di vivere che nasconde dolori troppo grandi, decide che i tre malfattori e il piccolo Woo-sung saranno la famiglia che desiderava. Si intrufola nel progetto illegale che si va compiendo per trasformare la vita degli adulti che lo accolgono. Grazie alla sua innocenza, e al grandissimo desiderio di affetto, i cuori si riscaldano e le mani si intrecciano.
Le buone stelle – Broker è un film sincero, umano e commovente: nella mano che si allunga verso la pioggia e risveglia l’infanzia; nella stessa mano, maschile, che svela agli occhi chiusi il futuro; nel buio della stanza condivisa che non fa più paura, ma crea legami veri nel ringraziamento. I suoi protagonisti sono umanissimi, calati nella vita vera di chi deve sopravvivere alla condizione nella quale ci si trova immersi con la nascita, ma non si arrende allo stato delle cose: continua a sperare e immaginare un futuro migliore, dove si può non essere più soli, ma insieme.
(Le buone stelle, di Hirokazu Kore’eda, 2022, drammatico-commedia, 129’)
LA CRITICA
Il regista giapponese Hirokazu Kore’eda si conferma l’autore di un cinema intimo e autentico, che attraverso la macchina da presa osserva l’animo umano per raccontare la poesia della vita e la fede nell’alterità.
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