Dove eravate tutti
di Maria Luisa Maricchiolo / 27 ottobre 2011
Tramontana e Scirocco. Freddo e caldo. Passato vicino e futuro lontano. Al centro, il presente. Il presente di Italo Tramontana, classe ’83 come il suo creatore, e il presente di tutti noi. In Dove eravate tutti (Feltrinelli), Paolo Di Paolo intreccia le fila del tempo personale e sociale. Suscita intermittenze del cuore che scintillano dal raccordo tra fatti esterni e fatti interni.
Attraverso la voce narrante di Italo, alter ego dello scrittore, come di molti nati negli anni ’80 e non ancora trentenni, Di Paolo ricostruisce un quarto di secolo in cui poco sembra essere cambiato e molto rimasto immutato. Un’epoca che ha cresciuto dei figli senza eredità di pensiero, con promesse vaghe. Un’epoca che è anche un incrocio di generazioni: Italo compie un’indagine sul padre a partire da un fatto che sconvolge l’equilibrio famigliare. Il padre, Mario, professore neo pensionato, investe con la propria auto due ex alunni. E scoppia la vita, ed esplodono i silenzi, e soprattutto ci si interroga.
Tra governi caduti e ritorni al potere; ragazze sbagliate e un amore mai dimenticato, Scirocco; un padre che a sua volta vuole raccontare del proprio, di padre; una madre che parte; una sorella adolescente; Italo cerca di ripercorrere i modi e i tempi della sua formazione.
L’autore trae spunto da un fatto di cronaca, come già aveva fatto al suo esordio in Raccontami la notte in cui sono nato (Perrone Editore), e non smentisce la profondità e la bravura di cui aveva dato prova.
La descrizione del giorno della discussione della tesi di una collega di Italo è scientifica, perché verificabile.
Lo spaesamento dei parenti che vagano per la facoltà, i tic e il nervosismo dei laureandi, le ipotesi e le incertezze a poche ore dalla laurea, e la totale assenza di prospettive post laurea.
Anche la descrizione della sorella adolescente, Anita, come delle sue amiche e dei suoi coetanei, non è mai scontata, appiattita in cliché stereotipati come capita sempre più frequentemente di leggere nella pseudo narrativa giovanilistica. Sono tutti ritratti in chiaro scuro, sfaccettati, tridimensionali, quelli dei personaggi che si muovono all’interno delle pagine di questo romanzo.
Di Paolo racconta gli anni zero, quelli senza nome, e ricrea un mondo. Come lo storico e come il letterato, partendo da presupposti diversi, l’uno da un paradigma scientifico, l’altro da un’esigenza personale, la storia che si scrive è sempre una storia altra, finita e infinita.
Se l’800 ha conosciuto il romanzo storico e sociale, il ‘900 il romanzo dell’introspezione e dell’inettitudine, gli anni zero trovano espressione in un romanzo di una formazione che non ha fine.
Notevole inoltre è il paratesto che accompagna la narrazione, prime pagine di quotidiani si alternano a delicati schizzi di oggetti consumati dall’avanzare della tecnologia, a una tavola a fumetti, e a un foglio colmo di parole, tante quante possono racchiudere i fatti e le persone che hanno caratterizzato la prima decade del nuovo millennio. E un furgoncino azzurro, che sfreccia tra le pagine e che contribuisce a compattare il testo.
Di Paolo, in Dove eravate tutti, conferma il suo talento e la sua capacità di raccontare i suoi tempi con intensità e autenticità.
E se Italo teme di aver perso la magia, a Di Paolo quella magia riesce: sa far emozionare.
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