“Sono comuni le cose degli amici” di Matteo Nucci
di Dario De Cristofaro / 14 giugno 2010
Sono comuni le cose degli amici (Ponte alle Grazie, 2010), romanzo d’esordio di Matteo Nucci, è un libro decisamente onirico, fatto di suggestioni, ricordi e intuizioni quasi ossessive, che catturano in profondità l’animo del lettore, trascinandolo in un sentimento di familiare compassione, come accade solo nelle narrazioni dei grandi scrittori. Attraverso un sapiente gioco a incastro, fatto di dialoghi, a volte appena sussurrati, e di descrizioni minuziose, capaci di risvegliare sensazioni sopite, Nucci ricostruisce una serie di rapporti umani cogliendoli nella loro straziante bellezza e drammaticità.
Tutto ha inizio con una veglia funebre: la morte improvvisa del padre diventa per Lorenzo, il protagonista, un pretesto quasi ossessionante per riconsiderare la propria vita vissuta, con i suoi legami, le sue amicizie e i tradimenti. Così, in una sorta di elaborazione mal riuscita del lutto, gradualmente si fanno spazio nella mente del protagonista dubbi esistenziali, sospetti insoluti e una particolare attenzione per la figura paterna, sempre presente ma mai davvero compresa. La storia, costruita in tre parti legate tra loro dal sottile filo del dubbio, si dipana in una coralità di personaggi che alimentano, di volta in volta, inconsapevolmente, le ossessioni e le fobie di Lorenzo, il quale sembra accorgersi solo adesso di quale sia il reale volto delle cose. Il finale aperto non lascia scampo tanto al protagonista, quanto al lettore stesso, incastrato, ormai, anch’egli negli angustianti sospetti che neppure il dialogo conclusivo con la madre, figura quasi sacra, sembra sopire.
Nucci riesce, dunque, a costruire un romanzo intimistico-esistenziale, in cui ogni certezza, anche la più scontata, sembra avere una metà oscura, e in cui il vero e unico protagonista diventa il dubbio, nutrito da parole e gesti corali, solo in apparenza dettati dal caso. In un costante puzzle di emozioni, percezioni e ricordi, l’autore porta avanti una narrazione basata soprattutto sulla descrizione; una descrizione mai banale e scontata, ma in grado, invece, di rievocare nel lettore sensazioni vive e profonde. Nucci ricrea, così, un’atmosfera quasi surreale, a tratti alienante, in cui il protagonista, seguito a ruota dal lettore, si perde, tralasciando ogni cosa, pur di riafferrare il senso del passato, il significato ultimo dei rapporti umani. E nasce allora spontaneo nella mente del lettore più attento il richiamo al racconto-capolavoro di Beppe Fenoglio, Una questione privata, e al partigiano Milton perso dietro al suo dubbio amoroso a tal punto da rischiare la vita stessa.
Sono comuni le cose degli amici si rivela essere, in definitiva, un romanzo ben orchestrato, portato avanti attraverso continui flashback, a volte descrittivi, a volte dialogati, intrecciati tra loro come in un lungo sogno, nel quale si percepisce appena quale sia la verità delle cose, ma non se ne raggiunge mai la piena consapevolezza.
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