“L’industriale” di Giuliano Montaldo

di / 28 gennaio 2012

Il periodo della crisi economica, dei fallimenti delle grandi industrie, degli scioperi degli operai. L’industriale è una sorta di contestazione stile anni ’70 ambientata ai giorni d’oggi, con uno sfondo di monitor di computer e Ipad.
In un’atmosfera grigia, una Torino uggiosa e umida ospita la storia di un imprenditore quarantenne sull’orlo del precipizio: la sua ditta, ereditata dal padre negli anni d’oro dell’industria italiana, è un’officina meccanica che fa lavorare uno staff di settanta uomini e di conseguenza mantiene le rispettive famiglie.
Nicola Ranieri, Pierfrancesco Favino, è un uomo tutto d’un pezzo, che sceglie di mettere tutto se stesso nel perseguire i propri interessi, nel tentativo di vincere le proprie battaglie, e in particolar modo quella messa in atto dalle finanziarie contro la sua impresa, destinata a chiudere a breve. La “minaccia” viene dalla banca, che per colpa di uno sconfinamento temporaneo e la mancanza di garanzie da parte dell’azienda, non predispone a Ranieri un ultimo finanziamento.

Il registra, Giuliano Montaldo, tocca questo tasto dolente e particolarmente provocatorio – considerati i tempi che incombono – senza immagini o scene-scandalo, ma facendo parlare con serietà i suoi personaggi.
L’industriale definisce la banca «usura legalizzata» ed è uno dei pochi che sta, in una visione manichea, dalla parte dei “buoni”, di coloro che lavorano con lui in modo costante, da sempre e con la stessa  fedeltà.
Un film di interesse culturale che rievoca la passione per il lavoro e quel particolare entusiasmo dato dall’unione, dalla coesione. Con il ritmo incalzante di una chiamata alle armi, la pellicola di Montaldo non abbandona il senso del dovere, secondo cui il bene personale è, anche e soprattutto, il bene comune.
La vicenda dell’azienda di Ranieri si intreccia con una difficile relazione di coppia tra lui e la moglie, la sensuale Carolina Crescentini, affrontando un nodo forse altrettanto duro da sciogliere: il sentimento della gelosia, fortissimo, che avvampa e logora chi ne è vittima.

Una storia, dunque, quella raccontata da Montaldo, che vale per tante altre, molteplici purtroppo, in Italia. Una brillante fotografia e un ottimo montaggio danno vita a una pellicola solenne, tesa. Un film che lascia con il fiato sospeso, alimenta la suspense e stupisce per il finale senza pretese. 

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