“In Time” di Andrew Niccol
di Massimiliano Mazzei / 21 febbraio 2012
«Amore! Stasera andiamo al cinema? C’è un bel film di fantascienza con una trama molto interessante!», spacciandolo come un «film del regista di Gattaca»,
«Ma dai, davvero? Ricordo che mi piacque molto Gattaca… andiamo! Ma precisamente di che tratta?»
«L’idea è che a Napoli gli euri vengano sostituiti col tempo, le persone vadano al bar spendendo quattro minuti di tempo per una sfogliatella o otto per una pizza fritta cicoli e ricotta, due ore di tempo per andare dal centro a Torre Annunziata all’ora di punta in autobus e che naturalmente, con buona pace degli ambulanti ai semafori, sopravviva un’unica marca di fazzolettini. Ah, il tempo è limitato e si riguadagna lavorando come barista, facendo le pulizie a casa della gente ricca di tempo o impegnandosi le catenine della comunione alla banca dei pegni del tempo».
«E le persone come fanno a trasferire il tempo tra di loro?»
«Eh, si danno la mano, fanno flik e flok girando le braccia prima in un verso e poi in un altro e magicamente la cifra di tempo che uno pensa o pronuncia viene trasferita all’altra persona».
«Ma perché fai quella faccia schifata? Cosa c’è di strano…? Però… bah…»
«Mah… la sospensione dell’incredulità…»
«Ma che ti frega? È già tutto assurdo!»
«Sì, però…»
Quando parte la visione, dopo l’amara constatazione degli otto euri a biglietto, c’è subito il primo colpo di scena:
«Justin Timberlake? Ma non faceva il cantante…?»
Colazione mattutina nella cucina di un interno semi-fatiscente ma dignitoso, Justin accanto ad una giovane ragazza della sua stessa età:
«Ciao mamma», e cominci a capire cose del mondo che ti si para dinanzi.
Tipo che se finisce il tempo la gente va all’altro mondo e che i minuti, ore, giorni, mesi e anni li vedi perennemente sul tuo braccio, tramite led verdi sempre accesi, come la morte sulla noce del collo.
Sullo schermo appare anche Leonard di Big Bang Theory, che interpreta un amico del protagonista cantante ed è coadiuvato dall’unica persona che sembra abbia fatto proprio il leit motiv del film: la costumista; ella si è immedesimata talmente tanto nella mancanza di tempo imperante nella pellicola che gli avrà messo addosso le prime cose che ha trovato sulle bancarelle, con l’effetto di renderlo ridicolo quasi quanto il vestito di Doc che con la sua DeLorean torna a recuperare Marty nel finale di Ritorno al futuro.
Ah pardon, è semplicemente la costumista di Alice in Wonderland di Burton.
Ma i costumi di Leonard non sono l’unico aspetto figo del film. La sceneggiatura è infarcita di dialoghi da tombeur de femmes dedicati al protagonista cantante, quando interagisce con gentil donzelle:
«Signore, lei viene dal ghetto?»
«No perché?»
«Perchè a differenza di come si comporta la gente qui, lei fa tutto di fretta».
«Non tutto…»
Elegantissime finezze a parte, il film diverte e non è un capolavoro; nonostante sia lontano da Gattaca, dalle implicazioni morali e dalla politica del mondo descritto, la particolarità della sua struttura e delle sue regole valgono il prezzo del biglietto.
Purtroppo è lontano anni luce da quel film in cui allo stesso modo appare il tempo sul braccio del protagonista, mentre una vecchia pazza disquisisce sui viaggi nel tempo e un coniglio brutto brutto scandisce gli attimi con la sua presenza immanente.
…Ma questa è un’altra cronistoria.
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