“Follia? Vita di Vincent van Gogh” di Giordano Bruno Guerri

di / 24 giugno 2010

Follia? Vita di Vincent van Gogh” (Bompiani, 2009), di Giordano Bruno Guerri non è solo una biografia del celebre pittore olandese. È anche e soprattutto un viaggio empatico nell’umanità e nella sofferenza di un genio. Partendo dalle lettere che Vincent scriveva al fratello Theo, Guerri sviluppa ed espone la tesi secondo cui van Gogh non fosse affatto pazzo, come, per anni, intellettuali e psicologi hanno affermato, ma bensì che soffrisse in realtà “di una sensibilità esasperata” che lo renderà “un uomo solo e sfinito, che non ce la fa più a sopportare quella sua oscena intimità con l’universo”.

Vincent van Gogh, morto suicida all’età di trentasette anni in condizioni di povertà e miseria, è considerato oggi uno dei pittori più importanti, colui che, una volta apprese le regole dell’Impressionismo, se ne fece innovatore, ponendo le basi dell’Espressionismo, grazie alla sua continua volontà di esasperare la propria interpretazione emotiva della realtà. Ma van Gogh è stato anche un uomo profondamente solo e incompreso, che fino agli ultimi istanti di vita fu ritenuto un reietto, un pazzo, un inetto. Ed è proprio mostrandoci il doppio volto del genio, che, come l’albatros di baudelairiana memoria, “esiliato in terra, fra gli scherni, non può per le sue ali di gigante avanzare di un passo”, Guerri riesce a ridare voce, prima di tutto, all’uomo van Gogh, così sofferente e inadatto alla vita comune, da dedicarsi anima e corpo all’arte fino a farsi consumare il midollo.

Così scriverà il pittore olandese, due anni prima di uccidersi: “Noi artisti paghiamo un prezzo incredibilmente alto di salute, di giovinezza, di libertà, delle quali non dobbiamo godere nulla, proprio come il ronzino che tira una carrozza di gente che godrà, loro sì, la primavera”. Con la lucidità propria di una mente sublime, van Gogh, più volte, testimoniò al fratello questa sua predestinazione, tanto esaltata quanto pagata a caro prezzo. È in questa ambivalenza dell’essere artista che Guerri ritrova una delle cause principali del tormento di Vincent: “Il suo irrisolvibile problema umano fu non riuscire a conciliare il furore del genio con un briciolo di normalità. E quando il genio finirà per prevalere, com’era naturale che avvenisse, la sua vita più semplice e quotidiana ne verrà schiacciata”. Van Gogh cercherà di porre fine alla sua sofferenza con un colpo di pistola. Morirà dopo due giorni di agonia.

In definitiva, “Follia? Vita di Vincent van Gogh” è un libro decisamente interessante, a metà tra il genere biografico e lo scritto agiografico, in grado, attraverso una fitta rete aneddotica, di attirare l’attenzione del lettore senza mai annoiarlo ma, anzi, riuscendolo a coinvolgere nel misticismo esasperato di una tra le figure più affascinanti dell’Ottocento. Colui che legge non potrà, allora, non sviluppare una intima empatia per l’uomo van Gogh, tanto solo e disperato quanto così inesorabilmente geniale.

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