“I capelli di Harold Roux”
di Thomas Williams

Un romanzo nel romanzo, una potente riflessione sul potere della narrazione

di / 26 ottobre 2015

Uno scrittore che fatica a ingranare. Il suo libro ha un titolo, I capelli di Harold Roux, ma poco altro. C’è la vita che preme intorno. Moglie, figli, studenti – insegna in un’università del New England. A poco gli serve l’anno sabbatico: la concentrazione latita, qualcuno dei suoi studenti (o dei loro genitori) lo chiama, ha bisogno di lui. Uno in particolare, Mark Rasmussen, lo mette alla prova facendogli passare una giornata in mezzo a un gruppo di pescatori balordi, come per saggiarne la forza virile, la consistenza umana fuori dal mondo delle idee, delle lettere. Né lo scrittore protagonista di questo libro può lasciare un amico un po’ troppo idealista e sprovveduto con un mutuo da pagare a sbrigarsela da solo quando è evidente la sua incapacità a farlo. La vita insomma sta addosso con tutta la sua forza ad Aaron Benham. Lo distrae, lo allontana dall’opera.

Non v’è scrittore che possa dirsi davvero tale che non conosca questa condizione. A volte dilaniante. E molti sono gli scrittori che come Thomas Williams (1926-1990), appena tradotto da Fazi, l’hanno raccontata, al punto che ancor di più sono quelli (spesso la critica) che poco tollerano ciò che viene indiscriminatamente definito metanarrativa. Invece, al solito, è un falso problema, come altri ammucchiati dentro sterili generalizzazioni, da quello del famigerato ombelico, all’altro, apparentemente opposto, dell’impegno (quale impegno?) – contando, evidentemente, solo la qualità e la capacità di dare senso alla letteratura stessa – ossia il suo valore conoscitivo.

Thomas Williams,  che con I capelli di Harold Roux vinse il National Book Award (a scapito di Philip Roth – con My Life as a Man, non una delle sue opere migliori –, Joseph Heller, peraltro un suo ammiratore, come Stephen King, o Donald Barthelme), – fece, se la vedessimo dal punto di vista dei detrattori del metaromanzo, di peggio. Ché Aaron, il protagonista del suo libro, non solo è uno scrittore che cerca di dar vita all’opera, ma ne scrive una in cui a sua volta un terzo scrittore sta cercando di fare la stessa cosa. Ora, la forza del libro “vero” (quello che leggiamo noi) sta intanto nel peso che la vita quotidiana di Aaron – anche contro di lui – sa intrudere fra lo sforzo creativo e la volatilità astratta sempre incombente in una vita sacrificata all’opera. Ciò si traduce in una concretezza della pagina che mostra di conoscere bene la lezione di Flannery O’Connor: raramente le immagini di una scrivania, dei fogli, dei libri hanno trasmesso questo sentore vivido, tattile di cose materiali e quasi organiche («Siede nel suo studiolo circondato di dagli stimolanti e caotici frammenti del lavoro di una vita – libri, pile di vecchie bozze, tagliacarte, matite, penne, una macchina da scrivere, dizionari, scaffali di vecchi e nuovi trimestrali, cataloghi, incunaboli»). Ma c’è ovviamente di più: il racconto che il protagonista del libro tenta di scrivere (storia di un veterano di guerra, psichicamente assai problematico, come il suo rapporto con la violenza) si confonde con la vita più o meno vera più o meno fantasmatizzata dei ricordi, impastati con quelli del narratore, e – congetturando – con quelli dell’autore empirico. E tutto si complica («parte di questo lavoro è ricordo, ma i ricordi non sempre sono affidabili»). Il romanzo ne accumula potenzialmente diversi (anche drammatici, storie di follia e amicizie, di violenza, di passioni mal governate) e li confonde, in un’opera di tutt’altro tenore rispetto all’incastro combinatorio del gioco letterario fine a se stesso: un’inquieta avventura conoscitiva che è il sale della letteratura. Che della letteratura esibisce lo straordinario potenziale che è sempre stata la sua specifica ragione.

(Thomas Williams, I capelli di Harold Roux, trad. di Nicola Manuppelli e Giacomo Cuva, Fazi, pp.  478,  euro 18)

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LA CRITICA

Uno scrittore alle prese con un personaggio che scrive di un terzo che vorrebbe scrivere e intanto deve misurarsi con una problematica e personalissima gestione della violenza. Per la prima volta tradotto in italiano I Capelli di Harold Roux è un romanzone che recupera alla letteratura il suo imprescindibile valore di conoscenza.

VOTO

8/10

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