“La casa di Parigi”
di Elizabeth Bowen
di Michele Lupo / 30 ottobre 2015
Fra le riscoperte recenti in libreria targate Sonzogno, l’ultima uscita degna di nota è il romanzo La casa di Parigi della scrittrice irlandese Elisabeth Bowen (la collana è Bittersweet diretta da Irene Bignardi). La Bowen, nativa di Dublino, trovò a Londra la sua vera casa, entrando nello storico circolo Bloomsbury. Orientata su moduli stilistici meno innovativi rispetto a quelli dell’amica Virginia Woolf, scrisse romanzi di maggior presa sul pubblico, fra cui questo The House In Paris per la prima volta tradotto integralmente in italiano.
È la storia delicata e crudele di un’amicizia fra due bambini finiti casualmente ma non troppo nella stessa abitazione parigina. Henriette vi giunge dall’Inghilterra «un mattino di febbraio cupo e vischioso» (per tornare alla modalità narrativa ottocentesca cui si alludeva sopra). Lì per lì trova Parigi deludente («opprimente», almeno fino a quando la città comincia a svegliarsi e il traffico a farsi intenso – siamo negli anni successivi alla Grande Guerra). Lo stesso effetto le procura l’abitazione in cui è costretta a recarsi per una tappa intermedia prima di proseguire il suo viaggio verso il Sud. La casa appartiene alle signore Fisher, madre e figlia; un tempo era una pensione, e qualcosa di decisamente importante vi è successo diversi anni prima. È intorno a questi fatti precedenti al suo arrivo che ruoterò il romanzo. Che per mettersi in moto ha bisogno dell’altro bambino, Leopold; il quale a Parigi dovrebbe incontrarvi sua madre, che praticamente non conosce. Sia lui che Hanriette sono ragazzini dalla sensibilità sottile, già carichi di una biografia poco serena. L’impatto fra i due non è facile, specie per lei, diffidente un po’ con tutto e tutti. Ma poco a poco i due si aprono reciprocamente e l’incontro sarà un viatico per orientarsi nel mondo degli adulti (di cui sono figli) e dei loro ospiti. Mondo che si rivelerà ricco di sorprese, anche tragiche. Perché un’orfana e un bambino che è come se lo fosse non possono non provenire da storie oscure, tradimenti, ipocrisie e conflitti di una borghesia stretta fra due guerre mondiali e da un senso di pervasiva irrequietezza.
La storia nelle rivelazioni successive procede con un andamento non lineare – dunque non più Ottocentesco, teso fra presente e passato, fra tardoromanticismo e apprensione sofisticata di una ricostruzione ellittica dei fatti (che sono per lo più intrecci amorosi segreti, appassionati quanto scandalosi).
Grazie a questa concezione del tempo il romanzo della Bowen riesce a trovare un passo parzialmente più moderno accanto ad altre soluzioni più ingenue – ma il suo meglio è nei personaggi.
(Elizabeth Bowen, La casa di Parigi, trad. di Alessandra di Luzio, Sonzogno, pp. 288, euro 16)
LA CRITICA
Un romanzo (mai tradotto prima integralmente) che dall’incontro fortuito di due ragazzini nella Parigi degli anni Venti recupera uno spaccato dell’Europa coeva, inquieta, cinica e sentimentale insieme, fatta di passioni e tradimenti.
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