“Misteri”
di Knut Hamsun

Uno dei capolavori del controverso premio Nobel norvegese

di / 12 aprile 2016

«Cosa sa la gente? Niente! Ci si abitua soltanto a una cosa, la si accetta, la si riconosce perché i nostri maestri la riconobbero già prima; tutto non è che accettazione. Il mondo non sa nulla, accetta soltanto…»

Sulle coste di una piccola cittadina norvegese approda all’improvviso un eccentrico straniero in completo giallo venuto da chissà dove; il suo nome è Johan Nagel e porta con sé solo una custodia di violino e una boccetta di letale acido prussico accuratamente conservata nel panciotto.

Non ci è dato sapere molto sul suo conto, né sul suo passato meno ancora sulle sue intenzioni; sostiene di essere un agronomo ma è evidente che non lo sia, che non sia ricco di famiglia eppure è sempre pronto a elargire cospicue mance a chicchessia e a sperperare le sue corone in cianfrusaglie obsolete e regali non graditi.

Nagel è un personaggio fuori dal tempo, nevrastenico e caotico, un avventato ciarlatano, «la contraddizione fatta persona» come egli stesso si definisce, da subito destinato ad alterare il placido equilibrio routinario degli abitanti del luogo: dal dottor Stenersen di cui mal digerisce l’incrollabile raziocinio e la spiccata saccenza, a Martha Gude, un’indigente e compita vedova vittima fuggitiva delle sue eccedenze irragionevoli; non risparmia neanche lo scemo del villaggio Johannes Grøgaard, detto Minuto, un uomo di buon cuore per cui tutto sommato nutre dell’affetto ma che reputa anche un ipocrita, costringendolo e condannandolo allo stremo emotivo che lo porterà sul finale alla pazzia.

Ma la frammentaria e instabile personalità di Nagel rovinerà definitivamente con la comparsa di Dagny Kielland, la donna più ambita della città, promessa sposa a un ufficiale di marina. L’amore opprimente e sconclusionato per questa figura fortemente ancorata nell’ordine sociale e concreto del mondo, e il rifiuto di qualsiasi forma di totalità definita e programmata, di ogni nesso logico o compromesso, di ogni sistema, lo porteranno al fallimento verso se stesso, all’assenza di volontà, all’impotenza di fronte la falsità di quella stessa ideologia soffocante e dell’«infinita connessione delle cose» che ha invano cercato di respingere.

«Comunque era la fine. E perché no? Aveva fatto sogni così sciocchi e belli a proposito di una missione sulla terra, di qualcosa di strabiliante, di gesta da cui gli esseri carnivori potessero rimanere colpiti – e gli era andata male, non era all’altezza della situazione».

Nagel risulterà fino all’ultimo in tutto e per tutto un abulico che, come sostiene Claudio Magris nella postfazione al libro, «non è capace di inserirsi nel meccanismo produttivo della società, assumendovi un ruolo determinato e perciò unilaterale; egli vuole soltanto vivere, rifiutandosi di definire concretamente e cioè di limitare la palpitante e imprevedibile potenzialità della vita: aperto e disponibile al desiderio come alla rinuncia, rapace e fuggiasco, questo personaggio si sottrae ai legami, ai ruoli prestabiliti, a qualsiasi impegno morale o politico che voglia imprigionare il fluire dell’esistenza».

Scritto nel 1892  e ripubblicato nel 2015 da Iperborea, Misteri di  Knut Hamsun è considerato uno dei primi capolavori dell’autore norvegese, un romanzo che mette in luce tutte le contraddittorietà dell’esistenza, arrivando a scomporre in parti infinitesimali la struttura psicologica dell’io, riducendola a un ammasso di reazioni istintive euforiche e nervose al tempo stesso.

In Misteri, come nella maggior parte della produzione di Hamsun, ritroviamo e riconosciamo – attraverso l’indole di Nagel – l’alienazione del genere umano, la disarmonia degli eccessi, il disagio e la negazione della realtà comune e i valori a essa legati.

«Sì, offriteci una sola eccezione normale, se è possibile. Dateci, per esempio, un delitto perfetto, un peccato esemplare. Ma non il ridicolo e borghese errore elementare, non l’eccezionale e raccapricciante eccesso, non il modesto libertinaggio illuminato del crudo splendore dell’inferno. No, tutto questo è niente».

 

(Knut Hamsun, Misteri, trad. di Attilio Veraldi, Iperborea, 2015, pp. 408, euro 18)

 

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LA CRITICA

Hamsun in Misteri concepisce un personaggio totalizzante seppur nella sua inconcludenza: Nagel è esso stesso il racconto che si distacca e supera tutti i canoni stilistici concepiti nel romanzo ottocentesco e costringe il lettore a colmare i pesanti vuoti di una personalità nevrotica e spossante che affascina e impaurisce.

VOTO

7/10

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