“Isole minori” di Lorenza Pieri
La storia di una partenza e di un ritorno, ma anche dell’essenza dell’amore
di Chiara Gulino / 19 settembre 2016
Isole minori (Edizioni e/o, 2016), romanzo d’esordio dell’editor Lorenza Pieri, mostra un percorso lungo il quale cresce la consapevolezza di un’impossibilità che non equivale però a una sconfitta. È la consapevolezza, da parte della voce narrante Teresa, di restare visceralmente legata alla sua condizione di minorità ontologica e geografica. Infatti le due vere protagoniste di questo romanzo, grondante di vissuto pieno di umori che la pagina mantiene intatti, sono l’isola del Giglio, «quell’isola che sembrava distante da ogni cosa», e Teresa stessa, la sorella minore di Caterina, «la parte intelligente di me, la mia complice aguzzina, la mia metà cattiva, la metà geniale, la metà più amata, quella che mi sarebbe mancata sempre».
Inquiete sono le donne di questa saga familiare tutta declinata al femminile. Vanno e vengono dal Giglio in cerca della loro giusta collocazione e della loro pace: «Eravamo una strana pianta di frutti donna, trapiantata dalla Pianura Padana all’isola, in cui mio padre aveva tessuto la sua comoda tela di ragno, senza averlo davvero deciso, servito e riverito in quanto unico uomo e in quanto tale anche sempre sorvegliato e criticato».
Nonnalina, taciturna e trincerata dietro il dialetto, aveva fatto la guerra e la resistenza rimanendo precocemente vedova: «In camera di Nonnalina c’era una cornice di legno con cinque ovali. In ogni ovale c’era la fotografia in bianco e nero di un uomo. Erano tutti giovani, tranne uno più vecchio coi baffi. Erano tutti pallidi e senza sorriso. Si somigliavano anche se ce ne era uno che sembrava un ragazzino. Quello con gli occhi più tristi era il nonno che non avevamo mai conosciuto.
Le vite di quegli uomini erano un segreto. Non se ne poteva parlare. Nonnalina parlava pochissimo in generale, sempre in dialetto e mai del suo passato».
Nonnalina aveva cresciuto da sola Elena, la madre di Teresa e Caterina, detta la Rossa per via delle sue preferenze politiche. Elena è una donna semplice ma appassionata, vittima però di un sistema più forte di ogni ideale di libertà e di convinzioni politiche, «un essere soprannaturale, la mia madreperla, quella che sapeva e faceva la storia, la donna – come mia nonna del resto – della quale non sarei mai stata all’altezza».
Isole minori è una sorta di catalizzatore letterario dei travagli interiori di più di quarant’anni italiani del secolo scorso. L’autrice riesce a trovare un efficace equilibrio drammatico fra due fatti decisivi della storia d’Italia: la protesta nel 1976 degli abitanti del Giglio, che arriveranno a bloccare il porto, per non far arrivare Franco Freda e Giovanni Ventura (che nell’immaginario infantile di Teresa e Caterina diventano un unico mostro, «Fredevventura», condannati al confino lì sull’isola in quanto imputati della strage di Piazza Fontana del 1969, e il disastro della Costa Concordia nel gennaio del 2012.
In questo romanzo le donne sanno vivere meglio degli uomini, come dimostra la figura marginale del padre Vittorio. La loro forma corpo è quella di un’isola, indipendente e bastante a se stesse. L’infanzia e l’adolescenza di Teresa sono ripensate senza dolcezza, senza tenerezza. È un’infanzia pronta a mettere le radici nella consapevolezza tuttavia che le radici sono sempre fragili, che nei giorni più limpidi e solari si nascondono insidie (i litigi e la separazione dei genitori), che ogni radioso paesaggio può di colpo sparire (il relitto della nave da crociera sull’isola).
Teresa e Caterina sono molto diverse e complementari. L’una è la buona, l’altra la cattiva che si esercita a provare rancore verso tutto e tutti. Del resto, la famiglia può essere un porto comodo e accogliente. In famiglia si può crescere e diventare adulti ma anche rimpicciolirsi e logorarsi. C’è chi ci si riconosce e ci ritorna. Chi invece si sente un alieno incompreso e vuole solo scappare.
Teresa proverà, una volta diventata madre, a impostare la propria vita sul continente ma all’esilio a Roma corrisponde in lei un esilio interiore, un silenzio da custodire gremito d’immagini e pensieri inconfessabili, di appagamenti effimeri e deludenti.
Isole minori è la storia di una partenza e di un ritorno e anche dell’essenza dell’amore. Il Giglio, punto di appoggio e baricentro, è la Procida che fa crescere e fortifica l’Arturo della Pieri, Pietro, amico di infanzia e primo mai dimenticato amore di Teresa.
Il libro ci avvolge in una patina splendente, culla e ristora come un temporale estivo ma allo stesso tempo macchia e graffia come facevano i rami degli alberi della pineta quando ci si correva in mezzo da bambini: senza fare male.
(Lorenza Pieri, Isole minori, Edizioni e/o, 2016, pp. 224, euro 17)
LA CRITICA
Isole minori è un romanzo di formazione e politico. I temi sono trattati e discussi in prima persona attraverso il filtro inventivo della ricostruzione autobiografica.
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