“Sette minuti dopo la mezzanotte” di Juan Antonio Bayona
Crescere con i mostri
di Francesco Vannutelli / 19 maggio 2017
Ci sono storie per bambini che i bambini farebbero meglio a non conoscere, o a non vedere. Storie di mostri, di madri che muoiono, di dolore e di solitudine. Storie che fanno sentire male e insegnano tanto. Che fanno crescere in un mondo complicato in cui il bene e il male non sono valori assoluti, che fanno comprendere il valore della verità come liberazione. Sette minuti dopo la mezzanotte del catalano Juan Antonio Bayona racconta una di queste storie nel modo più viscerale e potente che si possa fare.
Tratto da un romanzo ideato dalla scrittrice per l’infanzia Siobhan Dowd e terminato dopo la sua scomparsa da Patrick Ness, autore anche della sceneggiatura, il film di Bayona unisce il racconto di formazione con un impianto fantasy, andando a posizionarsi in un filone cinematografico che va da La storia infinita fino al GGG di Spielberg.
Connor è un ragazzino solo in un paese della campagna inglese. A scuola non ha amici, anzi, un gruppo di compagni lo picchia per il puro gusto di farlo. Suo padre vive negli Stati Uniti con un’altra famiglia. Sua madre è malata di cancro. Una notte, sette minuti dopo la mezzanotte, riceve la visita di un gigantesco uomo albero. Gli racconterà tre storie e alla fine Connor dovrà raccontare la sua storia, la sua verità. Il ragazzino non capisce di cosa l’albero stia parlando, non capisce le sue storie e perché abbia scelto lui, ma si attacca a quell’albero come unica sicurezza del mondo.
Tre film in dieci anni sono bastati a Bayona per conquistarsi l’attenzione del cinema mondiale. Dopo l’esordio spagnolo con l’horror El Orfanato (distribuito in Italia come The Orphanage perché l’inglese fa più fico) è arrivato il racconto incredibile dello tsunami con The Impossible . Prima di entrare nel mondo dei dinosauri con la regia del seguito diJurassic World, il regista catalano ha deciso di concludere la sua ideale trilogia sul rapporto madre e figlio. I tre film hanno in comune la minaccia della morte che incombe, che sia legata a un cataclisma o alla malattia.
Partendo dal romanzo di Dowd e Ness, Sette minuti dopo la mezzanotte racconta una storia adulta con un protagonista bambino. Il rifugio della fantasia (ma è davvero solo fantasia?) di un albero gigante che arriva ad aiutarlo passa per un percorso nuovo rispetto alla tradizione dell’amicizia tra umano e mostro. L’albero gigante è minaccioso, pronto all’ira. Racconta a Connor tre storie – quella della morte misteriosa di un re, di uno speziale e di un prete, quella di un bambino che nessuno vedeva – in cui non c’è una morale scontata e assolutoria, in cui il lieto fine non esiste. La lezione che vuole insegnare è difficile da spiegare, prima ancora che da comprendere. E Connor non può capire se quel mostro, che nella versione originale ha la voce di Liam Neeson – ed è importante saperlo, se si presta attenzione ai dettagli –, sia lì per aiutarlo.
Sette minuti dopo la mezzanotte è un racconto di formazione che sceglie una strada diversa, meno scontata e molto più complessa per arrivare alla maturazione. È per questo che riesce laddove aveva fallito Il grande gigante gentile di Spielberg: è un film adulto che parla di fine dell’infanzia senza parlare ai bambini. Si rivolge di più alla memoria dei grandi, insegna agli adulti come confrontarsi con la mente dei bambini. Riesce, in sostanza, a raccontare l’enorme difficoltà di crescere da soli, con i rapporti invertiti in cui il figlio deve badare alla madre e rinunciare alla sua normalità.
Oltre alle splendide animazioni che compongono i racconti dell’albero, oltre agli effetti speciali che uniscono la computer grafica con i mezzi più tradizionali e fisici, oltre all’intensità delle interpretazioni del giovane Lewis MacDougall, della malata Felicity Jones, della splendida Sigourney Weaver, nonna di ghiaccio e marmo pronto a sgretolarsi, Sette minuti dopo la mezzanotte restituisce la complessità del dolore in un mondo di immagini.
Nonostante i nove premi Goya in Spagna (tra cui miglior regia), negli Stati Uniti ha fatto un tonfo colossale al botteghino incassando solo 4 milioni di dollari a fronte di un budget di circa 40. Sicuramente paga l’eccesso di racconti di crescita a fianco del mostro nel corso degli anni (in ordine sparso: Il gigante di ferro, Dragon Trainer, Il labirinto del fauno, Nel paese delle creature selvagge, senza arrivare fino a E.T.) e un registro che a una lettura superficiale non si sposa con un film ritenuto per bambini. Eppure, è proprio quello il suo pregio più grande.
(Sette minuti dopo la mezzanotte, di Juan Antonio Bayona, 2016, drammatico, 108’)
LA CRITICA
Un racconto di formazione che passa attraverso tre storie senza morale e lieto fine. Sette minuti dopo la mezzanotte racconta agli adulti cosa voglia dire crescere con il dolore.
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