Le buone abitudini di Emidio Clementi

"Il nuotatore", il nuovo album dei Massimo Volume

di / 13 febbraio 2019

La questione che ruota attorno al significato legato alla produzione musicale del termine indipendente, se ha ancora senso parlarne, viene messa in chiaro dall’uscita del nuovo album dei Massimo Volume, Il nuotatore. Non si parla di intrecci con le major, ma semplicemente di attitudine: se in questo 2019 si vuol capire a cosa si fa riferimento quando si parla di indipendente è sufficiente vedere cosa e come suonano i Massimo Volume. È fare caso a Emidio Clementi, che con la sua scrittura e il suo cantato incarna da sempre quest’immagine, che non muta ma che, invece, osservando le strade intraprese dalla musica negli anni, rimane fedele a sé stessa, rafforzandosi.

Quindi ascoltare Il nuotatore, oggi, dopo la rivoluzione calcuttiana, è un chiaro ritorno a un passato dove essere indipendenti aveva un significato preciso e non fraintendibile. Perché Calcutta non era indie neanche quando suonava di fronte a venti persone nei locali romani.

Gli anni che hanno visto nascere i Massimo Volume erano gli stessi anni dei Csi, degli Afterhours di Germi, dei Marlene Kuntz di Catartica. Gruppi diversi tra di loro, ma che avevano un divisore comune: essere antagonisti al presente vissuto.

Negli anni a venire solo gli Offlaga Disco Pax e, forse, il primissimo Vasco Brondi sono riusciti a incarnare lo stesso spirito. Oggi, di base, lo slancio va verso l’essere in tutto e per tutto il presente. La distanza tra i due punti di partenza (e di arrivo) è abissale.

È straniante Il nuotatore, perché oggi la produzione musicale, e quindi l’ascolto, si sta standardizzando verso il basso – tranne alcune eccezioni, per esempio i Baustelle. Ci troviamo in un momento di picco di realtà come l’itpop e la trap. Un’abitudine all’accettare un certo modello che somiglia più a una moda iper temporanea rispetto a qualcosa che possa rimanere. L’ultimo di Franco126, Stanza singola, può rendere l’idea. È necessario, quindi, ricordare il ruolo ricoperto dai social e di come la tecnologia sia riuscita a rendere certi artisti forzatamente trasversali, condivisibili e familiari.

Ancora oggi, dopo più di vent’anni di carriera, i Massimo Volume riescono a scrivere un album che si pone di traverso rispetto al contesto contemporaneo. Probabilmente non era l’ambizione dei Massimo Volume. Il nuotatore avrebbe suonato così anche in un altro contesto che si sarebbe venuto a creare avendo altre premesse, ma il risultato è questo. Con Il nuotatore i Massimo Volume ci ricordano materialmente che è possibile l’alternativa.

C’è un momento, nel racconto incredibile di John Cheever, “Il nuotatore”, in cui inizia a tuonare in quella giornata bellissima – ma, di fondo, artificiale –  che ha spinto il protagonista, Neddy Merrill, a tornare a casa attraversando a nuoto tutte le piscine delle villette che lo separano dalla sua a Bullet Park, culla dell’ambiguo sogno americano. Quei tuoni sono i Massimo Volume che si abbattono sul presente e dal racconto dello scrittore americano, Emidio Clementi prende spunto per reinterpretare il brano “Il nuotatore” alla sua maniera e a diffondere lungo tutto l’album (ma sarebbe meglio dire lungo i bordi, che si parli di album o di esistenza) una sensazione di smarrimento di fronte anche alle cose più vicine a noi che affonda nelle radici della poetica dell’artista marchigiano.

Attorno al loro inconfondibile post rock che prende spunto dagli insegnamenti dei Sonic Youth e dei Fugazi, ripercorrendo gli spunti di quel capolavoro probabilmente inarrivabile che è Lungo i bordi, incrociandosi con il post rock di stampo americano post 2000 proposto in Cattive Abitudini, si muove la voce di Clementi, ispirato come sempre. Il nuotatore era l’album necessario per questo momento: non cambierà e non inclinerà certe tendenze di mercato, ma non potrebbe essere altrimenti. I Massimo Volume si confermano i Massimo Volume.

(Non ci sono singoli che anticipano Il nuotatore, quindi andiamo a ripescare da Lungo i bordi  “Il primo Dio”)

  • condividi:

LA CRITICA

A sei anni da Aspettando i barbari, se si vuole tralasciare la colonna sonora per il film Luce Mia di Lucio Viglierchio del 2015, tornano i Massimo Volume con un album solido che suona come un bellissimo album dei Massimo Volume e che ci ricorda quale sia il significato originale della parola indipendente.

VOTO

8/10

Comments

News

effe

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

Archivio