Il conflitto (e la somiglianza) tra luce e buio
“Imago Lux” di Adriano Angelini Sut
di Antonella De Biasi / 3 maggio 2021
«Non siamo noi ad aver avviato il primo soffio, né saremo noi che decideremo quando esalare l’ultimo. Chi parla di libero arbitrio non sa quello che dice. Facciamo tenerezza, imbottiti di psicofarmaci, droghe e alcol per non accettare l’unica verità da cui non si scappa: non abbiamo il controllo. Di nulla. Non lo abbiamo sulla nostra vita, figuriamoci su quella degli altri». Scardina tematiche profonde Imago Lux, l’ultimo romanzo di Adriano Angelini Sut (Ensemble, 2020), punti nevralgici di una contrapposizione antica ma più che mai moderna e attuale: il conflitto (e la somiglianza) tra la luce e il buio.
La consapevolezza si mescola all’ingenuità delle scelte, la forza si impasta con la fragilità, la patina del razionale si sfalda in eventi incredibili e tutto si concretizza in una narrazione che scorre rapida, con un lessico delicato ma al contempo tagliente: Angelini Sut questa volta struttura un thriller esoterico che richiama i grandi classici che hanno affrontato il tema del Maligno. Pensiamo ai versi del Faust in cui Mefistofele dice: «Io sono una parte di quella forza che eternamente vuole il Male e eternamente opera il Bene»; a Il maestro e Margherita di Bulgakov, fino a L’ eterna notte dei Bosconero di Santi: romanzi in cui l’umano viene risucchiato in un vortice di situazioni che mostrano le prospettive più nere e più terrificanti, a contatto con il “contrabbando” dell’anima, che viene divisa appunto tra luci e oscurità.
Imago Lux racconta attraverso tre linee temporali la storia di una famiglia segnata dal plagio e dall’incontro con delle forze oscure, che si muovono indisturbate accanto a quelle benefiche. «Ogni cosa ha un suo Kairos, il suo momento opportuno, dicevano i greci. E come in ogni storia che si rispetti, va stabilito un punto di partenza. Nel mio caso, l’origine della discesa nelle tenebre: il 3 settembre del 1968, la mia festa di diciotto anni».
Il maggio francese era arrivato a Roma: università occupate, la cultura come movimento di liberazione dall’oppressione di una società considerata piena di regole, divieti, perbenismi assurdi. I figli delle famiglie borghesi sfilavano a Villa Giulia, scontrandosi con i poliziotti, quelli che Pasolini definiva i veri poveri, e la città era imperversata dalle scintille sessantottine, ma la protagonista, Eva Roscioli, voce narrante del romanzo, era ben lontana dal prendere parte alle contestazioni studentesche e ai collettivi, anzi, viveva nella normalità della ragazza di buona famiglia, col fidanzato giusto e l’ammirazione per la sorella maggiore, Liliana, che appena rientrata dagli Stati Uniti aveva una visione rivoluzionaria del mondo. E un compagno eccentrico: Luc Alibrandini, conosciuto col nome d’arte Apofi (il dio egizio dei morti). La sera del compleanno di Eva, la sorella annuncia di essere incinta del suo compagno e che stabilirà la sua dimora in una comune, lontana dagli affetti famigliari.
«Luc/Apofi dipingeva cose oscene. Le sue tele erano caratterizzate dal nero, dal buio, dalle tenebre. Gli sfondi tutti scuri, erano a mala pena chiazzati da qualche striscia giallo, verde, puntini, incisioni. A volte si distinguevano volti. Le tenebre ricorrevano sempre nel suo immaginario». Il suo dipinto più noto è appunto Imago Lux. Un personaggio oscuro, sinistro, che sin dalle prime pagine, attraverso il racconto di Eva che ormai ha settant’anni, una carriera avviata, un marito storico, due figlie e quattro nipoti, si intuisce come esaltato e fuori dalle consuetudini: ha una figlia di primo letto, Joy, e una vita impostata sull’arte e sulle regole della comune che si riunisce in una catacomba etrusca sull’Aurelia antica.
Quando Liliana scompare, dopo aver scritto una lettera alla sorella in cui svela di essere prigioniera, Eva inizia le ricerche per ritrovarla. E con un crescendo di suspense e di indagini sulla vera identità di Luc Apofi e l’ingresso di personaggi che faranno luce sulle coincidenze e sui riti oscuri che si svolgevano all’interno della comune, come Marco, il ragazzino autistico che avverte il pericolo e le presenze negative o Carola, la “carceriera” di Liliana, si giunge al ritrovamento della ragazza, in un monastero in Francia, ma sarà completamente diversa, trasfigurata e irrecuperabile.
Eva avrà di nuovo paura anche molti anni dopo, per sua nipote, Giulia: timore che possa essere ingoiata in un vortice dal quale tornare salvi è impossibile, come lei sa bene.
L’autore, che cattura l’attenzione con diversi colpi di scena, interviene con suggerimenti da studioso esperto, e apre la riflessione su tematiche complesse, esistenti da sempre, come diceva già Parmenide: «Ma dal momento che tutto è denominato luce e tenebra e queste secondo le loro attitudini sono applicate a questo e a quello, tutto è pieno insieme di luce e di tenebra invisibile, pari l’una e l’altra, perché né con l’una né con l’altra c’è il nulla».
Sarà il professor Malvolti, ordinario di Storia delle religioni, durante l’incontro con la protagonista a fare un sunto di quanto sia antica la battaglia tra il bene e il male, tra il potere corrotto della Chiesa e le collettività che vengono definite eretiche. Eva non smetterà mai di farsi delle domande, lottare contro il Maligno, nemmeno quando il nemico sarà la pandemia, riesumando le paure di un mondo senza luce, consegnato al buio.
Il romanzo ci consegna il messaggio che non esistono confini netti e definiti e che raggiungere un equilibrio è il frutto comunque, sempre, di una scelta.
(Adriano Angelini Sut, Imago Lux, Ensemble, 302 pp., euro 15, articolo di Antonella De Biasi)
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