Abitare l’assenza, coltivare la presenza
“Il libro delle case” di Andrea Bajani
di Martina Pietropaoli / 28 settembre 2021
Non sorprende che Il libro delle case (Feltrinelli, 2021) di Andrea Bajani sia entrato nella cinquina del Premio Strega. E se si hanno dubbi sulla scelta di questo tema così attuale – le mura delle proprie abitazioni –, è possibile sciogliere ogni riserva trovandosi davanti all’epifania che coglie Andrea Bajani in uno degli appartamenti romani occupati in solitudine nel pieno del confinamento pandemico. Quel giorno il pronome “Io”, pronunciato da un minuscolo vicino di casa invisibile anche se distante pochi centimetri, viene assunto come punto di vista maiuscolo per riportare in primo piano le vicende familiari ispirate alla vita dell’autore.
I racconti delle Case di Io ricevono tridimensionalità insieme agli oggetti e alle proporzioni che hanno caratterizzato gli spazi comuni e gli spazi privati che sono stati abitati, amati o detestati nel corso dei decenni. Possiamo dire che Io è stato perché ha avuto questi oggetti, perché ha abitato. E forse oggi Io è ancora capace di essere perché abita l’assenza che si è generata in quegli stessi luoghi.
Gli incastri affettivi che conseguono a questa capacità di Io di non coincidere con se stesso, compenetrandosi con tutto il resto, emergono nei brevi capitoli dedicati ad ogni esempio di Casa. Gli ambienti interiori sono capaci di proiettare le storie nel racconto parallelo di un’Italia composita, fatta di dialetti, miti e luoghi comuni. Con naturalezza, tra i bellissimi affreschi intermittenti delle Case vissute e di quelle solo immaginate, si precipita anche nella prigione di Aldo Moro e nell’Idroscalo di Ostia dove è stato ucciso Pasolini.
In quale casa è racchiuso il segreto definitivo del passato di una persona? Il personaggio ricorrente del libro è la tartaruga, compagna fidata di Io e simbolo universale della lentezza del vivere, che ci costringe nella stratificazione delle relazioni. Se il guscio della tartaruga è pesante e corazzato – «ciò che la protegge la condanna» –, la sua testa è capace di affacciarsi nella «pura esaltazione». Prendendo slancio dalla visione minuta di animali o di oggetti di poco conto, la capacità narrativa di Bajani può conquistare intere città e spiegare i misteri di Roma, Torino o Parigi. Tra grandi vedute decadenti, affacci da una finestra e distratti percorsi malinconici, da un senso di fallimento ci conduce ad apparizioni piene di senso.
In quei luoghi si parla per mezzo di echi sepolti sotto la neve della memoria. Alleggerita dai respiri a fior di pelle che caratterizzano la sua scrittura, la visione fitta e precisa di Bajani riesce a delineare ricordi caldi e raggelanti allo stesso tempo. Sono molte le persone che vengono dissotterrate e che litigano spesso, sfuggendo quasi alla mano dell’autore. In contrasto a questo chiasso, quello che caratterizza tutto il libro è il silenzio denso di Io, che assiste quasi inerme all’insensatezza di certi epiloghi. Sembrerebbe una disfatta e invece no. Gli assegni strappati, i quadri smontati, i camion riempiti di cose senza più significato: questi traumi del calcestruzzo e dell’anima sono soltanto opportunità che ci si danno verso una presenza ulteriore, a se stessi e agli altri. Non c’è molta differenza tra un ci vediamo questa sera e un addio, se si è abitata veramente la Casa coltivando «il pensiero glorioso, blasfemo, di essere felice e di essersi salvato».
Le Case di Bajani sono tante e a volte non sono come sembrano, ma alla fine nella testa del lettore costruiscono un palazzo accogliente, costruito su fondamenta che lentamente prendono una forma chiara, «perché la vita resta sempre, è solo la vita sottostante». Sappiamo di doverne uscire, all’ultima pagina, ma intanto abbiamo già cominciato ad esplorare il nostro edificio interiore, impolverato e a più piani. Ogni dettaglio di Il libro delle case ha la capacità di evocare, manifestare, restituire i ricordi all’Io di ognuno, che abita e sbaglia, alla ricerca di un amore soffocante e liberatorio.
(Andrea Bajani, Il libro delle case, Feltrinelli, 2021, 256 pp., 17 euro, articolo di Martina Pietropaoli)
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