Accade di Francesco Bianconi
Album di cover per il leader dei Baustelle
di Luigi Ippoliti / 1 febbraio 2022
Francesco Bianconi dice che bisognerebbe trovare un’altra parola per descrivere quella cosa che chiamiamo cantautori. Forse ha ragione. È una parola impegnativa, che si porta porta appresso troppi significati, troppe implicazioni, troppi simboli. Politici ed estetici. Descrizione di un altro mondo. La musica è cambiata, con lei il mercato. Il mercato ha influenzato palesemente la proposta musicale e il cantautore che si contrapponeva alla musica leggera era antropologicamente altro. Ma se vogliamo ancora usare questa parola per qualcuno, oggi, non possiamo che farlo per lui, che il 28 gennaio ha fatto uscire un album di cover dal nome Accade.
Diamo per buono allora il fatto di poter usare la parola cantautore e diciamo Francesco Bianconi è un cantautore, quantomeno la cosa che gli si avvicina di più, secondo appunto i vecchi stilemi. Non semplicemente perché dagli esordi dandy alla Jarvis Cocker dei Pulp si è passati a un immagine più cupa ed introspettiva, quasi da cliché, con quella voce alla De Andrè: Bianconi è autore di livello altissimo, grande interprete delle sue canzoni, delle sue parole. Cantautore dentro una band in un’epoca in cui, appunto, il cantautore non esiste più, che nella sua dimensione solista sta trovando una caratura complementare a quanto fatto in passato.
Dopo lo splendido Forever, quindi, il leader dei Baustelle incide un album in cui si spazia da Ornella Vanoni ai Diaframma, da Claudio Lolli a Baby K, fino a Guccini. E oltre a questi, ci sono brani che ha scritto per Paola Turci e Irene Grandi e che con Accade ha rifatto suoi.
Il taglio poetico resta in scia del suo predecessore: album da camera, pianoforte e archi, assenza della batteria, che sia elettronica o acustica, vuoto ritmico che è una precisa scelta stilistica, voce in iper evidenza.
Bianconi si manifesta come ottimo interprete di parole di altri e non più solo sue, capace di regalare una una propria visione di mondo, con un tocco oramai riconoscibile. Momento più evidente è la terza traccia: se per Claudio Lolli (“Michel“, dove duetta con Lucio Corsi) e Francesco Guccini (“Ti ricordi quei giorni“), fino alla rilettura di “L’odore delle rose” dei Diaframma il salto non è impensabile, ma naturale, il lavoro di rielaborazione di “La Playa” di Baby K (presente in questa versione) è eccezionale.
Non tiriamo in ballo analogie del tipo Vittorio Gassman che legge gli ingredienti dei Frollini o le analisi cliniche: concentrandoci sul fatto che Bianconi sia riuscito a captare che all’interno di un brano da hit estiva ci fosse qualcosa che fosse riconoscibile nella sua grammatica, facendone in tutto e per tutto un pezzo alla Bianconi, facendone un pezzo di spessore, abbiamo la dimensione di ciò con cui abbiamo a che fare.
Ci sono poi i momenti riappropriazione dei brani dati a Paola Turci e di Irene Grandi: se “Io sono” e “Bruci la città” sono due belle canzoni che vivono di propria luce nelle versioni delle loro due interpreti, arrangiate oggi in linea con l’estetica alla Bianconi, è con “La cometa di Halley” che le cose sono diverse. Si capiva dodici anni fa, si capiva durante la performance di Sanremo, che fosse una canzone che avesse intrinsecamente in sé qualcosa di speciale. Una pazzia artistica (sicuramente non economica, anzi) immaginare che qualcosa di simile, di questa profondità e di questa portata emotiva sia stata data ad altri.
Nonostante fosse interessante e straniante l’elettropop proposto dalla cantante toscana in un contesto come quello di Sanremo (ancora di più Sanremo di dodici anni fa), la vera “Cometa di Halley” è quella che esce da quest’album. Clamorosa e struggente. Uno dei suoi migliori brani di sempre – ed è forse un peccato non averlo visto in qualche album dei Baustelle.
Bianconi è senza dubbio tra le cose migliori che la musica italiana ha tirato fuori negli ultimi vent’anni. Ogni sua produzione merita attenzione. Merita riflessione. In un momento come questo, poi, in cui le cose si piegano sempre più facilmente verso un’omologazione deprimente, l’ascolto delle sue canzoni ha anche la forma della resistenza.
In questo aprile uscirà, poi, un Ep insieme a Clio per il mercato francese, fatto di inediti e cover. Il cielo parla davvero lingue straniere, allora. Vediamo cosa succederà, come si svilupperà il discorso. Chi sarà Francesco Bianconi, un cantautore o un alternativo. O altro.
LA CRITICA
Ennesima conferma di Francesco Bianconi: “Accade” è un grande album di cover (e non solo).
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