“Lisboa no vento” di Francesco Bove
di Luca Errichiello / 19 maggio 2012
A Lisbona l’aria è stagnante, il caldo è opprimente, perfino le parole collassano al suolo. I sentimenti strisciano per le strade schiacciati dal peso di una gravità fatta di densi grovigli di raggi solari. Francesco Bove cerca di raccogliere tali sentimenti, stendendo ad asciugare dinanzi al pubblico frammenti di Roland Barthes. Le storie d’amore si intrecciano e si spandono, proprio come panni bagnati gocciolano pezzi di sé sugli spettatori, a cui è dato il compito di ricostruire un senso che vada al di là delle parole. La narrazione si fa poi più incalzante, le sfumature si precisano, sorgono storie d’amore sempre più definite, che trovano i loro confini proprio nella passione più smodata e apparentemente più incontrollata. Si tratta spesso di passioni solitarie, vissute negli appartamenti di uno dei tanti edifici da cartolina della bella città portoghese: sentimenti laceranti, che chiedono al calore del cemento di trattenerli in quello spazio spirituale non lacerabile. Veementi soliloqui reclamano catene per arrestare il proprio flusso incontenibile. Stese al sole di Lisbona quelle parole grondanti passioni divengono arse, aspre, espresse a volte nel ruvido dialetto napoletano. I raggi ne rendono quasi evanescenti i contorni agli occhi dell’ascoltatore, proprio mentre il contrasto nella cartolina di Lisbona aumenta e tutto è schiacciato dalla luce, oppure irrimediabilmente oscuro. Gli spigoli tra luce e ombra si fanno taglienti e nelle storie narrate si intravede la disperazione per amori irrimediabilmente perduti. La scenografia di Clelia Bove, prima vaporosa, nelle sue apparentemente scanzonate sfere colme di sabbia estiva e barchette di carta, rivela ora tutta la sua attanagliante concretezza. Ogni sfera è infatti pesantemente riversa al suolo, mentre gli oggetti al suo interno possono solo rimanere ancorati a quei pesi. Il calore è al culmine e nessuna parola può sostituire il gesto, simbolo di un amore perduto: finalmente la foto dell’amato brucia, l’afa della passione si raggruma nella fiamma. La torrida realtà di Lisbona offre un palcoscenico mentale ottimale all’interpretazione di Francesco Bove, che riesce a proporre con vigore immagini vivide e parole pregnanti. A tratti la parola diventa un fiume di suoni appassionati e in questi casi il dialetto napoletano, seguendo la lezione di Toni Servillo, risulta puro magma, che solo le sapienti mani dell’attore possono plasmare e restituire al pubblico.
Lisboa no vento
di Francesco Bove
installazione di Clelia Bove
Andato in scena domenica 13 maggio presso il Circolo Ferro 3 di Scafati (Sa).
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