Sherlock Holmes in versione graphic novel

di / 23 maggio 2012

«Mio caro dottore, vi prego di accettare le mie scuse» dice, e c’è una certa costernazione nel suo sguardo mentre si rivolge all’amico che tiene lo sguardo fisso a terra. «Considerando il problema da un punto di vista puramente astratto avevo dimenticato quanto la cosa potesse essere personale e dolorosa per voi. Ma vi assicuro che non sapevo che aveste un fratello fino a quando non ho esaminato l’orologio».
«Ma… siete stato preciso in ogni minimo particolare».
«Mi sono solo basato sulle probabilità. Non mi aspettavo di essere così preciso».

E, a questo punto, Sherlock Holmes inizia a illustrare il ragionamento che ha provocato l’ira di Watson. È una scena famosa di uno dei romanzi di Conan Doyle, nella quale il detective deduce gli sfortunati trascorsi del fratello del dottore dall’osservazione di un vecchio orologio. Potrebbe passare benissimo per una trascrizione del romanzo, ma le cose non stanno così. Prendete in mano Il segno dei Quattro, il secondo graphic novel pubblicato dalle Edizioni BD insieme al suo compagno di scaffale Uno studio in rosso, e andate alle pagine 16 e 17. Stesso scambio di battute, reso ancora più drammatico dal sapiente disegno di I.N.J. Culbard che agisce in bella sinergia con l’adattamento del testo di Conan Doyle realizzato dall’affermato fumettista inglese Ian Edginton. Missione compiuta, con sentiti ringraziamenti dei cultori che prendono sul serio la sacralità del canone sherlockiano.
Tempi duri per costoro, in un momento in cui cinema e televisione hanno ripreso a occuparsi del celebre inquilino del 221/B di Baker Street, magari in modo divertente e di piacevole intrattenimento, ma perdendo per strada buona parte di quel qualcosa che dava alle avventure di Holmes e Watson la loro impronta inconfondibile. Il ritratto della Londra vittoriana e positivista, eppure dalle tinte quasi gotiche. Le tremolanti luci di lampioni a gas assediate dalla nebbia. Il ribollire di un oscuro mondo sotterraneo celato sotto la superficie della metropoli ottocentesca. Il filo rosso del delitto, ingarbugliato nella matassa incolore della vita, almeno fino al momento in cui Sherlock Holmes non arriva a districarlo con la sua formidabile intelligenza analitica.
È proprio questo che gli adattamenti di due dei quattro romanzi che vedono protagonista il celebre consulente investigativo riescono a riproporre. Il segreto sta tutto qui, e non si tratta di impresa da poco. L’adattamento di Edginton segue con fedeltà quasi assoluta il testo di Conan Doyle, fino a rispettarne la scansione in capitoli, e al tempo stesso rielabora l’originale eliminando quei punti morti della narrazione che ormai non rientrano più nel gusto di noialtri postmoderni. Ad assisterlo il disegno di Culbard, che scandisce il ritmo della narrazione e l’azione, con tinte che richiamano alla mente vecchie foto color seppia, e con una convincente mimica dei personaggi: ecco Holmes mentre, pipa in mano, spiega le sue teorie accomodato sulla sua poltrona dell’appartamento di Baker Steeet; eccolo mentre fa le sue deduzioni a occhi chiusi e con le dita congiunte; perso dietro ai suoi ragionamenti; eccolo mentre enumera i punti salienti di un caso sulle dita della mano. Fedeltà al personaggio non solo nei manierismi, ma anche nella sua rappresentazione fisica, quasi ricordando come Conan Doyle avesse preso una certa distanza dalla raffigurazione tradizionale fissata dalle illustrazioni di Sidney Paget e poi dal cinema: niente mantelline, niente berretto da cacciatore per questa rivisitazione del personaggio, che conserva tuttavia il suo naso aquilino e l’espressione vigile e determinata, come pure il suo impiego della famigerata soluzione al sette percento.
Uno studio in rosso racconta la storia del primo incontro tra Sherlock Holmes e il dottor Watson e del loro primo caso: un misterioso omicidio, dietro il quale si cela una vendetta, maturata molti anni prima per una tormentata vicenda che ha quasi il sapore di un vecchio romanzo d’avventura ambientato nell’America dell’ovest. Diversa in parte l’atmosfera del Segno dei Quattro, con una storia che parte dall’India della rivolta dei Sepoy e che finisce nella Londra del 1888, con il suo seguito di tradimenti e vendette, e con un delitto che sembra quasi riecheggiare il Poe dei Delitti della Rue Morgue, presagio dei tanti “delitti della stanza chiusa” che verranno. E limitiamoci solo a queste rapide note, dal momento che non è consigliabile svelare troppi dettagli di un buon giallo.
Alla fine Uno studio in rosso e Il segno dei Quattro danno esattamente quello che promettono: una rivisitazione delle storie di Conan Doyle e delle sue atmosfere, qualcosa che piacerà senz’altro a chi ha fatto del canone sherlockiano un punto fermo della sua vita, e che potrebbe interessare anche a chi Holmes lo conosce solo nella versione “videogame” da cinema contemporaneo e desidera approfondire per andare alle origini. Stringetevi nel cappotto e assicuratevi di avere con voi la vecchia pistola d’ordinanza: in strada la nebbia si è alzata, e la partita è aperta…

 

 

(Sir Arthur Conan Doyle – Ian Edginton – I.N.J. Culbard, Uno studio in rosso, Edizioni BD, 2011, pp. 132, euro 14.50)

(Sir Arthur Conan Doyle – Ian Edginton – I.N.J. Culbard, Il segno dei QuattroEdizioni BD, 2011, pp. 128, euro 14.50)

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