“Moffie” di Carl André van der Merwe
di Antonella Finucci / 3 luglio 2012
Pagine dure, queste. Dalla prima all’ultima.
Pagine di tenerezza e di crudeltà che si alternano, spiazzandoti.
L’autore (al suo primo romanzo) riesce a farci immergere nel mondo del giovane protagonista con un realismo freddo, davvero molto efficace, a volte persino straziante, stemperato però sempre da pennellate di speranza e da una vena ironica che getta luce sulle vicende drammatiche e ti fa tirare un sospiro di sollievo.
All'età di diciannove anni, nel pieno della giovinezza dunque, Nicholas van der Swart è chiamato alle armi dall'esercito sudafricano: siamo negli anni ’80, durante la guerra al confine tra Namibia e Angola contro gli indipendentisti dei due paesi. La guerra è già di per sé un contesto estremo, complicato da affrontare e da vivere in prima persona. Peggio che essere un soldato, però, è essere una soldato omosessuale. Nick è proprio uno di loro, è un moffie, termine con cui gli Afrikaner indicano con disprezzo gli omosessuali: è un ragazzo delicato, sensibile, che non vuole combattere.La vita nell’esercito è impossibile, è un sistema che per la violenza e l’assurdità dei rituali, uccide i soldati per sfinimento ancora prima di mandarli al fronte.
Il romanzo si sviluppa per giustapposizione delle esperienze umilianti di Nick all’interno dell’esercito e dei relativi ricordi di quand’era bambino, della sua casa e della sua vita prima. Quasi tutti i ricordi dell’infanzia sono episodi spiacevoli con suo padre, che vede in Nick una “femminuccia” e lo redarguisce in continuazione.
Suo padre è uno di quegli Afrikaner che sostiene la rigidità della Chiesa riformata olandese, che costringe suo figlio a guardarlo mentre uccide con sadismo animali selvatici. Ma suo figlio non è come lui: «Mio padre ha mandato nell’esercito un ragazzino dall’omosessualità velata e ha avuto indietro un omosessuale consapevole».
Guerra e omosessualità sono dunque i due grandi temi di questa storia, con la conseguente sofferenza emotiva e fisica che ne deriva. Però, nonostante le tematiche impegnative e la storia poco romanzata, la lettura scorre grazie ai numerosissimi dialoghi e al linguaggio semplice ma evocativo dell’autore, che attenua la brutalità dei fatti.
(Carl André van der Merwe, Moffie – Un gay in guerra nel Sudafrica dell’Apartheid, trad. di Valentina Iacoponi, Iacobelli editore, pp. 288, euro 16)
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