“Breve storia di una generazione” di Torto O.G.
di Gianluca Di Cara / 24 ottobre 2012
«A cosa servono le parole? A riempire le intercapedini tra i silenzi? A delimitare l’infinità degli spazi bianchi? E quanto pesano?».
Sicuramente pesano molto, se affilate con la giusta cura, come avviene in molti dei diciannove articoli contenuti in questo libro. Un libro molto breve, certo, dalla lettura agile, ma al contempo più profonda di quanto possa sembrare in apparenza. È composto da una raccolta di brevi pensieri dell’autore, già pubblicati nel suo blog, accompagnati da foto di murales scattate in quella che si considera la capitale per eccellenza della libertà europea, Berlino. I graffiti e i murales di Kreuzberg, in bianco e nero, anziché distrarre il lettore dalle parole dell’autore, le rafforzano e danno loro un’ancor maggiore incisività.
Il leitmotiv del libro sembra mostrare lo scarto tra il presente e il futuro, tra ciò che il rap italiano era un tempo e ciò che è oggi, un confronto – un contrasto, forse? – tra generazioni che sembra essersi accentuato in modo notevole. Fin dalla prefazione, firmata J-Ax, è possibile riconoscere un iniziale contrasto, quello tra il “noi” e il “voi”, tra quelli che sono già arrivati e quelli che stanno intraprendendo la propria strada: se il rap è ovviamente lo sfondo su cui si stagliano contrasti e disagi, il sentimento espresso da J-Ax sembra un esempio di un classico italiano ben poco appagante: «Scuole di pensiero diverse che, invece del confronto, cercavano il modo di delegittimare. Specialmente con l’ingiuria, come da tradizione». Un classico italiano, che sembra attraversare l’intero Paese e abbattersi su ogni aspetto della sua vita, sia essa politica o culturale.
Il libro contiene tutto l’amore dell’autore per il rap, «che si distingue da tutto il resto», ma contiene anche un’invocazione, un «sappiateci apprezzare» che sembra una richiesta di riconoscimento per un genere considerato a volte marginale perché troppo poco elegante, mentre sa invece offrirci vere e proprie poesie, intrise di un desiderio di lasciarsi indietro il peso del passato e calciare in avanti quello del futuro. Il passato e il futuro appaiono come una ferita per l’autore, ma anche il presente, con la sua industria delle illusioni e il suo mondo corrotto, sembra non essere di gran lunga migliore. Eppure, a tratti, riusciamo a scorgere una certa nostalgia di tempi trascorsi: se ieri i rapper facevano paura e colpivano, oggi sparano nel mucchio, fanno ridere, vanno di moda, sono corrotti dalle illusioni e dalle tendenze che corrompono la nostra quotidianità, da quell’industria che inganna tutti. In questa critica al nostro presente, tuttavia, c’è anche lo spazio per un (debole) positivismo: il nostro mondo «tutto sommato fa zero […]. Zero è zero, è nulla, è vero, però è molto più del niente, se lo zero è la somma di tutti i giorni goduti e sofferti». Non c’è solo del male da estirpare, non c’è solo un passato da cacciare: debolmente si ammette che c’era anche del buono. Nonostante le difficoltà, nonostante le opposizioni di quelli che erano già arrivati, che sapevano dare consigli tanto ipocriti quanto mutevoli. Questo è ciò che Torto O.G. sottolinea, non senza colorita rabbia, nella sua introduzione, ormai virale su internet, culminando con un improperio in cui tutti, giovani e meno, in questo momento economicamente e socialmente complesso, si riconoscono.
(Torto O.G., Breve storia di una generazione. Versi e visioni di rivolta metropolitana, CaratteriMobili, 2012, pp. 47, euro 13)
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