“Neuland” di Eshkol Nevo
di Chiara Fratantonio / 10 dicembre 2012
«Un viaggio non inizia nel momento in cui partiamo né finisce nel momento in cui raggiungiamo la meta. In realtà comincia molto prima e non finisce mai, dato che il nastro dei ricordi continua a scorrerci dentro anche dopo che ci siamo fermati». Così appuntava Ryszard Kapuscinski, reporter e corrispondente di guerra polacco, nel suo romanzo autobiografico In viaggio con Erodoto (2007): un libro in cui il concetto di viaggio si lega strettamente a quello di memoria, individuale e collettiva, e in cui il contatto con terre sconosciute come l’India e la Cina trova il conforto delle tracce lasciate dal primo grande reportage della storia mondiale: Ἱστορίαι (Storie) di Erodoto.
Anche Neuland è la storia di un viaggio nello spazio e nella memoria, il viaggio di Dori e di Inbar che non si conoscono; partono da Gerusalemme per ragioni diverse attraverso due strade difficili, dissestate e separate, ma che si incontrano su una terrazza di Pisac, Perù, e iniziano a danzare insieme fino in Argentina, nei pressi di Buenos Aires, dove il padre di Dori è sparito, da qualche parte lì nei campi di soia.
Il vero scopo del viaggio di Dori è ritrovarlo anche con l’aiuto di un ecuadoregno bizzarro con degli occhiali da terrorista e grande esperto di donne, bevute e ricerche: Alfredo. Ma lungo la strada accade molto di più.
«E allora perché ti ho portato fin qui, Mister Dori? Perché il viaggio, amigo, fa due grandi cose: stimola l’appetito e stimola la memoria».
Mentre la strada si mostra nuda e nuova, una luce malinconia illumina il passato di Dori, la sua storia di nonamore con la moglie Roni, quell’unica volta in cui lei lo aveva chiamato “amore”, «come la parola isola, che compare una sola volta in tutta la Bibbia». La nonna Lili è seduta lontano sulla “sedia dei ricordi” e ripensa al suo viaggio per sfuggire ai nazisti dalla Polonia verso Eretz Isruel, la Terra Promessa agli ebrei. La mamma di Inbar è a Berlino «con il suo passato che ruggisce tutto il tempo, come una metropolitana, al di sotto del presente».
«Il tempo ti gocciola tra le dita» e se la ricerca nello spazio ha un principio e una fine, quella nella memoria non finisce mai. È una ricerca calma, lenta, come un sorso bollente che può tanto bruciare quanto dare piacere e tepore.
Neuland, romanzo tradotto dall’ebraico ed edito da Neri Pozza per la collana Bloom, è un libro denso, che arriva da lontano e che richiede tempo. È zeppo di immagini, voci, culture e rivela un grande impegno documentario i cui risultati sono inseriti in un intreccio narrativo misterioso, intrigante e inaspettato con l’intento di raccontare, in realtà, la storia di un viaggio molto più lungo: quello del popolo ebraico, che dura da migliaia di anni.
«Ho viaggiato e viaggiato e sono morto e rinato e sono arrivato qui».
(Eshkol Nevo, Neuland, trad. di Ofra Bennet e Raffaella Scardi, Neri Pozza, 2012, pp. 637, euro 18)
Comments