“Memorie di un uomo in pigiama” di Paco Roca
di Giulia Zavagna / 20 dicembre 2012
Tratti netti, semplici, colori non invadenti, non sgargianti, sfumature pastello. Didascalie e fumetti equilibrati, tutto a misura, preciso, niente di straordinario, anzi. Tutto perfettamente equilibrato al contenuto, alle scene di vita quotidiana che si raccontano. Memorie di un uomo in pigiama (Tunué, 2012) di Paco Roca è proprio questo, una raccolta di brevi episodi, bozzetti autoconclusivi, che scandiscono la tranquilla vita di un uomo che un po’ per scelta un po’ per obbligo, lavora da casa, comodamente seduto alla sua scrivania, in pigiama.
Roca racconta la semplicità, il quotidiano, l’ordinario, con il talento di applicarvi uno sguardo mai banale, ma anzi il punto di vista acuto e disilluso che sempre contraddistingue i suoi lavori. Dopo il successo di quel piccolo capolavoro che è Rughe (Tunué, 2009), il fumettista ha inaugurato una rubrica settimanale per il quotidiano valenciano Las Provincias, intitolata appunto Memorias de un hombre en pijama: singole strisce che ora sono raccolte in volume, e danno vita a piccoli esilaranti bozzetti. Una maniera alternativa di fare giornalismo, quindi, restituendo al fumetto il suo ruolo e valore originario, con il pregio di documentare, ogni volta, un frammento di un’esistenza che non è solo quella del fumettista, ma si può facilmente applicare oggi a molti. Così Julián Quirós, direttore di Las Provincias, racconta l’esito della rubrica: «Paco Roca ha iniziato quindi a fare giornalismo, solo che l’oggetto di questa attività era lui stesso, la sua persona e i suoi pensieri, le cose che via via gli succedevano. […] Volevamo annunciare il suo ingaggio in pompa magna con un’intervista sul giornale, in tv e sul sito web. E lui si è presentato con addosso un elegantissimo pigiama che avvolgeva il suo corpo magrissimo e il suo sorriso contagioso. E così, in pigiama, è apparso sul supplemento domenicale settimana dopo settimana. Fino a che non si è stancato».
Il pigiama è, quasi per antonomasia, il contrario della socialità, e diventa per Roca il simbolo di quell’alienazione sperimentata nelle lunghe ore di lavoro solo davanti a un computer. Quella raccontata dal fumettista spagnolo è una quotidianità che ha perso ormai il senso del quotidiano: gli orari sono dilatati, le relazioni intermittenti, le comunicazioni iperveloci e le giornate, d’improvviso, lente e monotone.
Con un umorismo contagioso, Roca sfrutta questi spunti autobiografici per affrontare tematiche forse già viste e riviste, ma non per questo meno attuali: il precariato, l’eterna giovinezza, la paura di diventare genitori, i litigi quotidiani. Il tutto, però con uno sguardo fresco e con un’ironia – a tutti gli effetti autoironia – spesso così elementare e innegabile che è impossibile non riconoscersi, non condividerla. Ed è in quel momento che dalla spensieratezza che caratterizza il fumetto ci fermiamo a pensare, costretti a chiederci se a quel pigiama di cui sempre ci lamentiamo, forse, non siamo poi terribilmente affezionati.
(Paco Roca, Memorie di un uomo in pigiama, trad. di Stefano Travagli, Tunué, 2012, pp. 80, euro 14,90)
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