“Lapubblicaquiete” degli Stanley Rubik
di Mirko Braia / 24 maggio 2013
Stanley Rubik. Già solo dietro al loro nome si potrebbe discutere a fondo. I due richiami sono fortissimi e unici nel loro genere: da una parte il genio del regista Stanley Kubrick, una personalità che non ha certo bisogno di presentazioni, e dall’altra il gioco in grado di mettere alla prova abilità e pazienza di più generazioni, il famosissimo cubo di Rubik.
Ma tutto questo è più di una scelta di stile. Il gruppo romano, formato nel 2011, svela i suoi intenti e la sua anima dietro questa scelta originale. Dal regista americano arriva il gusto per il velato sarcasmo di fondo, per la ricerca di testi in grado di favorire molteplici chiavi di lettura dietro a un linguaggio spesso metaforico. Dall’altra parte la fragilità e la complessità degli uomini, nascosti dietro la loro apparente tranquillità ma intenti a lottare con i loro conflitti interni e le loro ossessioni; spesso, quando la soluzione sembra a portata di mano, una mossa sbagliata ci mette in difficoltà e ci costringe a ripartire.
In ambito musicale tutto questo si riflette in uno stile rock fortemente contaminato da influenze elettroniche, in cui armonie spesso dissonanti fanno da cornice al lamento e al disagio espressi a parole. In tutte e tre le tracce del loro EP Lapubblicaquiete, edito da Cosecomuni con la co-produzione artistica dei Velvet e pubblicato il 29 marzo, quanto detto fino ad ora diventa molto più evidente, ma sono necessari anche più ascolti per riuscire a cogliere sempre più sfaccettature di quanto vogliono intendere i quattro ragazzi romani. Se il consiglio rimane quello di ascoltare con attenzione tutti e tre i brani per rendersi conto in prima persona di quanto ho provato a spiegare, la band stessa potrà farci capire qualcosa in più nell’intervista che segue.
La prima domanda è probabilmente scontata ma quasi d’obbligo. Il vostro nome richiama il celeberrimo cubo ma soprattutto un regista entrato nella storia del cinema: quanto contano le opere di Kubrick nei testi degli Stanley Rubik?
A tutti noi piace il cinema di Kubrick, diciamo che il nome nasce ovviamente da un gioco di parole, quasi per scherzo. Di Kubrick ci piace il suo essere visionario, la sua ossessione maniacale per le inquadrature, la sua doppia chiave di lettura e ovviamente il suo essere fuori dagli schemi, soprattutto quelli hollywoodiani, basti pensare che uno dei suoi film più conosciuti, Arancia Meccanica, cosa mai accaduta nella storia del cinema, è stato ritirato dalle sale anche se stava riscuotendo un notevole successo! Quello che ci piace riportare di Kubrick nella maggior parte dei nostri testi è la sua duplice chiave di lettura, vedi “Pornografia” in particolare.
Il vostro sound è particolarmente originale, contaminate il rock con l’elettronica e con armonie volutamente dissonanti. Si è dovuti arrivare a un compromesso o le quattro anime del gruppo si sono trovate da subito sulla stessa lunghezza d’onda?
Abbiamo trovato sicuramente un punto comune, abbiamo tutti e quattro un background musicale molto differente, d'altra parte il nostro sound si regge proprio su questo delicato equilibrio. Si discute molto in fase compositiva ma quando chiudiamo un pezzo usciamo tutti dallo studio con un ghigno di soddisfazione.
I testi delle tre tracce del vostro EP Lapubblicaquiete richiamano fortemente, seppur per immagini metaforiche, la crisi interiore e tutte le ansie e ossessioni con cui combattiamo anche nella nostra normalità. Ma quanto c’è di autobiografico dentro tutto questo?
Penso che in quasi tutti i testi ci sia qualcosa di autobiografico, semplicemente il modo di raccontarlo è un elemento del tutto personale. In generale comunque in questo EP abbiamo scelto dei brani dove è presente una duplice chiave di lettura, tornando al discorso di Kubrick, ci piaceva questa atmosfera sospesa di fondo.
Non nascondo quanto, almeno in parte, nel 2013 ancora possa sorprendere la decisione da parte di una band di scrivere testi in italiano. Molti artisti o gruppi si spingono verso l’inglese anche sperando in eventuali successi esteri. Voi ancora non ci pensate o vi sentite più legati alla nostra lingua?
Noi abbiamo fatto un ragionamento al contrario, su questo ci siamo trovati molto concordi, ci sembrava assurdo il contrario. La sensazione che ho è che a volte ci si nasconda dietro l'inglese. Dire, affermare, pensare ed esporsi attraverso l'italiano ci denuda e ci pone direttamente in contatto con il nostro vissuto, il nostro sistema culturale e le nostre emozioni quotidiane. Noi volevamo proprio questo tipo di contatto. Adoro le band che cantano in inglese, non fraintendere, ma, a volte, vi leggo un meccanismo di mascheramento che non comprendo, ascolto un gruppo fortissimo dal vivo e quando scopro che cantano in inglese mi chiedo sempre la stessa cosa: ma non sarebbe più originale in italiano? Penso che nel 2013 la gente sia pronta per ascoltare proposte nuove, c'è una fortissima scena underground a cui non manca nulla, solo la giusta visibilità.
Tra i gusti musicali c’è un artista o una band in grado di accomunarvi come ha fatto Kubrick o vi ritenete complementari l’uno con l’altro?
Di solito non discutiamo mai quando si parla di Puscifer e NIN!
Volevo chiudere chiedendovi prima dove suonerete le prossime settimane, poi quanto stiate già pensando magari a un album completo da dare in pasto ai vostri fan.
Suoneremo sicuramente il 30 maggio al Traffic e sicuramente faremo qualche live in alcune radio della capitale, sui quali aggiorneremo attraverso la pagina Facebook e il sito internet. In questo periodo stiamo proprio lavorando sul nuovo materiale che sicuramente andrà a far parte di un prossimo full album.
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