“L’ipotesi del male”: a tu per tu con Donato Carrisi
di Alessio Belli / 6 luglio 2013
Tutto inizia a Londra. Con una scritta su una maglietta: «Non sai cos’è la paura fino a che non senti un colpo di tosse provenire da sotto il tuo letto».
Donato Carrisi legge la frase. E nella sua mente qualcosa si muove. Abbastanza da generare il seguito dell’ormai celebre Il suggeritore: L’ipotesi del male (Longanesi, 2013).
Scambiamo quattro chiacchiere con l’autore, approfittando della sua presenza alla libreria Arion di Piazza Cavour. Tra la firma di una copia, una foto e un autografo, con Carrisi inizialmente affrontiamo il tema del ritorno della sua eroina, Mila Vasquez, l’agente specializzato nel ritrovare le persone scomparse. Nel ridarle vita l’autore ci confessa come Mila viva di vita autonoma. Di come nello scrivere venga fuori in automatico una personalità e un carattere ben definito. È una parte dello scrittore a venire fuori? Oppure sono delle informazioni immagazzinate provenienti dall’esterno? Donato Carrisi ci tiene a sottolineare: «È una domanda a cui spero di non riuscire a rispondere mai, perché è un po’ il mistero della scrittura».
Approfondiamo così la genesi de L’ipotesi del male. Una genesi precedente addirittura a Il suggeritore: «Ma mancava qualcosa: la componente emotiva. Che tipo di emozione voglio raccontare?» Da lì la folgorazione della t-shirt a Londra: «Il portare le emozioni e le paura dell’infanzia nell’età adulta».
Accenniamo velocemente alla trama: Mila Vasquez, fedele al suo Limbo (ovvero il luogo dove tiene tutte le foto e i fascicoli delle persone scomparse misteriosamente), deve fare i conti con il ritorno di alcune di esse. Tuttavia, non sono le stesse persone che sono sparite. Qualcosa le ha cambiate: il Male. Altro fattore notevole del libro, la presenza di uno spree killer. Tranquilli: se non sapete ancora bene cosa sia, ve lo spiegherà il romanzo. Al riguardo, chiedo a Carrisi della sua “ossessione”: i serial killer. Dalla laurea sul Mostro di Foligno, agli studi di criminologia, ai best seller, Carrisi ha sempre affrontato in maniera seria, preparata e appassionata il tema.
«Come spiega il fascino esercitato da un soggetto tanto ambiguo sulle persone, sul cinema, sulla letteratura, le serie tv?» «Il Male più spietato è senza senso, ed è questo ad affascinare».
Ci racconta anche un particolare molto interessante: durante la scrittura di un nuovo romanzo, chiede a un amico compositore di creare delle colonne sonore apposite per le scene che sta scrivendo. Alla domanda: c’è comunque una canzone capace di fare da soundtrack al libro, risponde: «Tutta la storia del rock!».
A proposito del successo di pubblico e critica internazionale, Carrisi non è spaventato dell’essere messo ormai sulla stessa linea dei maestri Deaver & co. «Ne sono entusiasta. Per quanto riguarda il successo, è una bella sfida. Una pressione positiva. Non volevo fare dei libri seriali: questo è il gemello de Il suggeritore, e viene quattro anni dopo. Quando scrivo, mi approccio al testo come un lettore: scrivendo storie che vorrei leggere. Credo sia il massimo rispetto che l’autore possa avere nei confronti del proprio pubblico».
Donato Carrisi con L’ipotesi del male si conferma non autore di thriller, ma bensì scrittore di “thriller d’autore”. Un gioco di parole legittimo, giustificato da un raro consenso unanime di critica e vendite. Soprattutto per un genere sempre troppo bistrattato, che ha in Carrisi una delle motivazioni più autorevoli per essere valutato come si deve.
(Donato Carrisi, L’ipotesi del male, Longanesi, 2013, pp. 432, euro 18,60)
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