“La luce di Cloudy Bay” di Favel Parrett
di Alice Lucchiaro / 10 luglio 2013
Acqua rabbiosa e sabbia grigia, luce opaca e piatta, rocce ripide e nere, onde e maree. Una natura marina imprevedibile e selvaggia, ai confini del mondo: la prima grande protagonista del romanzo d’esordio della scrittrice australiana Favel Parrett, intitolato La luce di Cloudy Bay (Gran Vía, 2013), è amica e nemica di tre fratelli, figli di un pescatore, legati al mare per amore o per dovere. Joe e Miles sono ormai abbastanza grandi per aiutare il padre nel mestiere e imbarcarsi con lui prima di ogni alba o per dominare l’oceano con le loro tavole da surf, ma il piccolo Harry no. Lui teme l’acqua, preferisce restare a terra e collezionare gli oggetti ritrovati a riva dopo l’alta marea, in attesa che i fratelli riemergano dalle onde avvolti nelle loro mute. Una vita dura per loro, da quando hanno perso la madre in un incidente automobilistico e sono rimasti soli con un padre irascibile e violento, completamente disinteressato al loro benessere e alla loro incolumità.
Difficile vedere ancora la luce dorata di Cloudy Bay quando le ombre del passato continuano ad aleggiare su un presente crudele e impetuoso, come un oceano in tempesta.
Joe, il più grande, si rifiuta di lavorare e vivere sotto lo stesso tetto con il padre e i fratelli e decide di andarsene, di partire alla ricerca di un «luogo nuovo». Seppur legato da un profondo affetto fraterno nei confronti di Miles e Harry, Joe è determinato a conquistarsi un futuro migliore.
Miles, invece, è ancora giovane per fuggire da solo e si sente responsabile di proteggere Harry e rassicurarlo di fronte all’indifferenza e alla crudeltà del padre, un uomo aggressivo e rancoroso nei confronti dei figli, custode di un segreto all’origine della sua rabbia e legato alla perdita della loro madre.
La luce di Cloudy Bay è un romanzo drammatico, dai toni cupi e tesi, a tratti angosciante, ma altrettanto profondo e commovente. Estremamente coinvolgente, seppur all’inizio risulti un po’ dispersivo, è l’uso di una narrazione agile e dinamica poiché alternata costantemente tra più punti di vista, soprattutto quelli dei tre fratelli, in particolare di Miles e Harry. È proprio il piccolo Harry, un ragazzino sensibile e coraggioso, a raccontarci gran parte di questa storia e a lasciarci “assistere” ad alcuni degli episodi più drammatici e crudi che hanno segnato la vita dei giovani fratelli tramite i suoi occhi, ancora ingenui ma allo stesso tempo perfettamente consapevoli del terrore che incombe su di loro.
La rabbia e la compassione che proviamo di fronte all’infanzia o alla gioventù rubata dei tre protagonisti ci lasciano turbati e commossi. A farci paura è il pensiero che la luce di Cloudy Bay, con tutto ciò che rappresenta, sia a volte visibile soltanto tramite il ricordo di qualcosa o qualcuno che non c’è più o solo fuggendo lontano dal luogo a cui apparteniamo.
(Favel Parrett, La luce di Cloudy Bay, trad. di Giovanni Giri e Claudia Togni, Gran Vía, 2013, pp. 176, euro 13)
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