“L’estate degli inganni” di Adelchi Battista
di Davide Di Poce / 18 ottobre 2013
Non so quanto avesse ragione Cicerone nel De Oratore a definire la storia «magistra vitae»; ma certamente aveva ragione quando la definiva «testis temporum», testimone dei tempi, quelli andati, e in qualche modo,anche dei tempi attuali.
La storia raccontata da Adelchi Battista in L’estate degli inganni (Guanda, 2013), per esempio, può fornirci una chiave di lettura del presente. In 430 pagine l’autore ricostruisce i giorni che vanno dal 26 luglio al 12 settembre 1943, dalla caduta di Mussolini alla sua liberazione sul Gran Sasso, giorni decisivi per le sorti dell’Italia. A Roma re Vittorio Emanuele III e Badoglio fanno un doppio gioco con la Germania nazista e con gli Alleati, tra corrispondenze concitate, oscure macchinazioni, generali che vanno e vengono. Spie. Intanto Hitler discute dell’invasione della Penisola.
Dal quadro tracciato emerge tutta la miseria della classe dirigente italiana, con Badoglio che fugge mentre soldati poco più che ventenni combattono per difendere Roma. In alcuni momenti, l’autore sembra ricordare manzonianamente l’incidenza degli umili nella storia, di quegli eroi inconsapevoli e silenziosi che, con le loro braccia gonfie di coraggio e di speranza, l’hanno disegnata, la storia. Non a caso nel romanzo fanno la loro comparsa nomi poco noti: non solo il maresciallo Badoglio e re Vittorio Emanuele III, ma anche il commissario del SIM Giacomo Carboni, Giuseppe Castellano, artefice della firma dell’Armistizio, Giacomo Zanussi e altri. Anche loro, incagliati nella fitta trama di giochi di potere, incidono sul corso degli eventi. E poi c’è lui, Mussolini, sfregiato dagli eventi, abulico, un uomo colto nel pieno della sua decadenza.
Già con Io sono la guerra (Rizzoli, 2012) Adelchi Battista aveva trattato quel periodo storico, raccontando le vicende del giugno 1943, un attimo prima della caduta di Mussolini. L’estate degli inganni si pone ora come continuazione di Io sono la guerra, per cui l’autore ha vinto il Premio Hemingway per la Narrativa 2012.
Entrambi i titoli sono frutto di un grande lavoro di ricerca: l'autore ha attinto alle risultanze dei processi, ai diari dei protagonisti e a una serie di documenti che fino a poco tempo fa non erano consultabili, grazie alla digitalizzazione degli archivi anglosassoni. Insomma, l’opera non è uno dei tanti romanzi storici di intrattenimento, ma ha delle solide fondamenta storiografiche. Quello di Adelchi Battista è un modo diverso di fare storiografia e di trasmettere la conoscenza storica al lettore. Non è un caso se il libro è stato adottato da alcune scuole superiori da affiancare al manuale tradizionale. Battista mischia storia e sentimenti, il crudo resoconto e la passione.
Probabilmente L’estate degli inganni non è nemmeno un romanzo storico, è un romanzo. Perché attraverso la storia parlano le persone con le loro illusioni, meschinità, paure, gioie. È un occhio lanciato in mezzo al campo di battaglia che, attraverso le gesta, canta le persone che le hanno compiute: Mussolini, Badoglio, figure che ci sono sempre state presentate come delle sagome. Adelchi Battista, invece, scava nelle sagome della storia, per capire, per carpire, ciò che c’è al fondo.
(Adelchi Battista, L’estate degli inganni, Guanda, 2013, pp. 430, euro 19)
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