“Un antidoto contro la solitudine. Interviste e conversazioni” di David Foster Wallace
di Giorgia Lombardo / 29 ottobre 2013
Questo libro è un tributo a uno scrittore veramente straordinario e capace di rendere eccezionale, quasi provenisse da un altro pianeta, persino un semplice reportage su una vacanza in crociera.
Un antidoto contro la solitudine (minimum fax, 2013) è una raccolta di interviste e conversazioni con David Foster Wallace a cura di Stephen J. Burn: un viaggio attraverso il tempo (le interviste vanno dal 1987 al 2008), ma soprattutto un viaggio per cercare di capire e conoscere la personalità di un genio del nostro tempo.
Gli aggettivi usati potrebbero sembrare esagerati o eccessivi per chiunque, ma non lo sono per DFW, che era davvero una mente d’eccezioni, come pochi prima e dopo di lui, tanto da essere insignito nel 1997, dopo la pubblicazione di Infinite Jest, del premio della Fondazione MacArthur: il cosiddetto genius grant.
David Lipsky, autore del libro intervista Come diventare se stessi (minimum fax, 2011) diceva di David Foster Wallace che era il più grande scrittore della sua generazione, e anche il più tormentato.
Tutto questo tormento è la chiave di ogni singola intervista raccolta in Un antidoto contro la solitudine che, oltre a raccontare la genesi dei suoi testi così ricercati ma allo stesso tempo empatici, cerca di farci conoscere un po’ più a fondo la controversa personalità di questo scrittore così schivo e timido da non voler essere fotografato, così attaccato alle sue radici da ricevere i giornalisti nelle tavole calde più sperdute del paese ma così fragile da non riuscire a sopportare la depressione che lo attanagliava.
Questo libro racconta tutte le molteplici sfaccettature di un uomo particolarissimo a cui piacevano le cose semplici: forse per arginare tutta la complessità di cui sono zeppi i suoi testi sin dagli esordi. Sin dalla sua tesi di laurea in filosofia, un romanzo destinato a diventare un best seller: La scopa del sistema (Einaudi, 2008).
Wallace è stato uno studente modello, un giocatore di tennis, un grande appassionato di tv ma soprattutto un scrittore e un insegnante di scrittura creativa davvero fuori dal comune. La lettura di Infinite Jest (Einaudi, 2006) è un’esperienza imperdibile per chi, armato di un po’ di tempo e pazienza, voglia compiere un viaggio divertente e psichedelico dentro un romanzo lungo 1079 pagine che la critica aveva dato per spacciato e che oggi è un unicum nel panorama letterario mondiale. Un antidoto contro la solitudine lo racconta, e tutte queste caratteristiche traspaiono dalle varie interviste in cui, poco a poco, viene fuori il DFW uomo, e non solo grande scrittore. Troviamo la sua sagacia, la sua ironia ma soprattutto la malinconia dovuta alla preoccupazione della notorietà che finisce in una tormentata depressione. Apparentemente felice della propria vita privata, di sua moglie, della sua famiglia, della speciale amicizia con Jonathan Franzen, ma in fondo profondamente solo.
È quindi il testo perfetto per chi vuole provare a conoscere uno scrittore stupefacente e rammaricarsi ancora di più pensando che ci ha lasciati davvero troppo presto.
(David Foster Wallace, Un antidoto contro la solitudine. Interviste e conversazioni, a cura di Stephen J. Burn, trad. di S. Antonelli, F. Pacifico, M. Testa, minimum fax, 2013, pp. 292, euro 13)
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