“Mimose a dicembre” di Maria Rosaria Valentini
di Martina Fiore / 11 dicembre 2013
Romantico e malinconico, il romanzo di Maria Rosaria Valentini, Mimose a dicembre (Keller, 2013), di suggestivo ha i sapori delle stagioni e della cucina, i colori grigi dei paesaggi romeni e le sporche polveri di Roma, le splendide giornate di primavera e l’odore del pane appena sfornato. Le parole si rivestono di foglie autunnali sparse dal vento e gli eventi si susseguono sotto il costante crepitio di una buccia di mela morsa nell’ingenuità dei vent’anni.
Adriana è una giovane rumena giunta in Italia su consiglio della sua amica Maria che, dopo aver lavorato come badante per un’anziana signora sorda di Roma, torna in Romania per vivere, finalmente, il suo paese con dignitosa tranquillità. Quando la giovane Adriana parte per la capitale, grazie al denaro dell’amica Maria, è in evidente stato di inquietudine. Timorosa e dubbiosa nei confronti del suo futuro incerto, si lascia alle spalle la consuetudine avvilente del paese d’origine e raggiunge la stazione Termini con in tasca pochi euro e in bocca qualche vocabolo italiano.
Una prima esperienza di lavoro a casa dell’anziana Ippolita, l’amore per Antonello, il panettiere di fiducia, la cioccolata calda, le lenzuola di lino, i vetri appena lucidati e il meccanico ripetersi delle pulizie domestiche. L’amore, la passione, il campanello che non suona più e le lacrime che bagnano il cuscino. La prigione dorata di uno specchio domestico diventa porta aperta sul domani. Adriana fugge dalle certezze e dall’accoglienza sincera di Ippolita e percorre le strade di Roma sottovoce, a occhi chiusi, per paura di cedere di nuovo ai dardi di Cupido e alle trame del destino.
L’amore per Antonello, che credeva essere punto d’arrivo, diventa quindi punto di partenza, come un tuono scuote i cieli aperti di Roma e cade fragoroso a spezzare i sogni e il cuore di una giovane ventenne. Adriana, che dalla vita non si aspettava niente e che dalla vita non aveva mai avuto niente, sapeva che sarebbe riuscita a cavarsela anche senza quel lavoro e decide così di abbandonare la città.
In un piccolo borgo vicino Roma, a contatto con la natura incontaminata che le ricorda la Romania, la sua vita è pronta a ricominciare inghiottita dalle logiche assurde della casualità e dalle inspiegabili e infinite declinazioni dell’animo umano
Non più costretta fra le mura domestiche Adriana torna a respirare e a vivere da protagonista, in un romanzo dolce, che si fa gustare pagina dopo pagina in tutti i suoi sapori, guardare in tutti i suoi colori e immaginare con tutti i suoi profumi: «Di parole ci si può nutrire e saziare, salvare. E anche innamorare. Il vecchio Cornelio lo insegnava ogni giorno. Quelle parole ingoiate andarono subito alle viscere ed erano simili, nel colore, ad uno sciroppo d’ambra».
Un romanzo che pullula di descrizioni sottili, indiscrete, precise e stabili, capaci di farci entrare negli spazi esclusi di una precarietà che non si alimenta e non si sana col denaro e con il cibo, ma si spazza via solo grazie al sentimento, all’amore e alle passioni che dovrebbero rendere ogni vita degna di essere vissuta.
(Maria Rosaria Valentini, Mimose a dicembre, Keller, 2013, pp. 176, euro 14,50)
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